10 marzo 2009

METROPOLI INESTETICHE PERIFERIE ANONIME

Metropoli inestetiche periferie anonime
perché costruire ancora?


Tonino Bucci intervista a Paolo Bernardini Docente Urbanistica

C'erano una volta il Belpaese, le sue città rinascimentali e barocche.
Da almeno dieci anni a questa parte l'Italia è stata cementificata, i suoi territori dissestati, e metropoli circondate da quartieri senza anima.
Si dice che siamo un popolo di proprietari di casa, eppure il governo Berlusconi sta varando in nome dell'emergenza abitazione un piano straordinario per l'edilizia, una sorta di megacondono senza precedenti, un lasciapassare per ampliare gli alloggi, per demolire e ricostruire indiscriminatamente con una semplice dichiarazione.
Ne parliamo con Paolo Berdini, docente di urbanistica.


Ma esiste davvero l'emergenza casa?

No. Non è vero. C'è stata di recente a Roma un'assemblea di tutti i comitati per la casa. Faremo una battaglia per il riutilizzo degli edifici pubblici - non degli immobili di proprietari privati.
Negli ultimi quindici anni di liberismo galoppante abbiamo venduto molti gioielli di famiglia regalandoli per pochi soldi alle grandi immobiliari, da Tronchetti Provera a Gabetti e compagnia bella. Proponiamo che gli edifici in via di dismissione o abbandonati, come le scuole in quartieri ormai senza bambini, vengano ristrutturati ad abitazione.
A Roma trenta-quarantamila famiglie sono in cerca di alloggio.
Questa potrebbe essere la soluzione. Ma vale anche per il resto dell'Italia.
Non esiste fabbisogno di nuovi alloggi. Tra l'altro in questi ultimi quindici anni si è costruito a ritmi inauditi senza risolvere il problema.
Gli strati sociali più bassi non hanno accesso al bene casa.

Non c'è stata un'edilizia pubblica in concorrenza con quella privata. Il valore di mercato delle case è schizzato verso l'alto. Non è così?

E' stata tutta edilizia privata. Da altre parti la bolla immobiliare è scoppiata. Qui in Italia no. Uno Stato liberale dovrebbe costruire le case per chi non ha reddito. Oggi però non serve costruire nuove abitazioni, è sufficiente recuperare i beni pubblici. E per chi dice che non ci sono i soldi sarebbe sufficiente che guardasse oltreoceano quel che sta facendo Obama a sostegno dell'economia.

Altro che recupero degli edifici pubblici. Il ministro Matteoli ha detto che bisogna aumentare le cubature delle case così che le giovani coppie possano costruirsi una stanza in più nell'alloggio dei genitori. Ognuno s'arrangi da sé...
Così non risolvo il problema della casa, faccio solo aumentare di un pezzetto il reddito delle famiglie in difficoltà facendogli ampliare la casa. Secondo, così distruggono il volto delle città lasciando libertà di demolire e ricostruire in modo indiscriminato.

L'edilizia non è solo un pezzo dell'economia. Il modo in cui costruiamo incide sulla qualità di vita e soprattutto sulla qualità delle relazioni sociali. Non c'è un'urgenza estetica delle nostre città?

L'Italia ci è cambiata sotto gli occhi. E' vero che, per fortuna, non ci sono riusciti del tutto. Gli strumenti urbanistici tutto sommato hanno tenuto. Però il dissesto c'è stato. Per fare un esempio, i quartieri nuovi che sorgevano nelle città ottocentesche in espansione erano piccoli gioielli abitativi. Erano case a bassa densità, pensiamo a Modena o a Parma.
Agli inizi del '900 costruivano villini o palazzine a tre piani che erano gioielli di periferia accessibili anche ai redditi medio-bassi. Se passa questo piano sciagurato per l'edilizia di Berlusconi, chi ha i soldi si costruisce un piano in più, chi non ce li ha si arrangia.
Sarebbe devastante per la bellezza delle città. Ma a questa classe dirigente della bellezza non importa niente. C'è invece un bisogno di qualità sociale della vita che la sinistra dovrebbe rappresentare.

Nelle periferie nascono quartieri anonimi senza servizi, senza collegamenti, senza legami comunitari. E' un caso, poi, che questi territori diventano serbatoio della paura e dell'odio per gli immigrati? Chi vive male non è più vulnerabile alla propaganda della sicurezza?

Verissimo. In questi anni hanno dato il via alla più dissennata costruzione di superfici commerciali che ci sia stata in Europa. In Italia non c'è regolamentazione, si può fare tutto. Con i grandi centri commerciali sono scomparsi quei piccoli negozi che garantivano un sistema minimo di relazioni sociali nei quartieri. Hanno il deserto nelle nostre città.
Non solo, con questo piano vogliono aumentare del venti per cento la superficie commerciale. Migliaia e migliaia di metri cubi di cemento in più, un affare per le grandi catene distributive. Senza contare che nel sud - e non solo - sarà un'occasione per la malavita organizzata.


Fonte: www.liberazione.it