09 marzo 2010

BERLUSCONI CERCA LO SCONTRO





UN REGIME CHE MESTA NEL TORBIDO


Editoriale di Alessandro Cardulli

Si nasconde, chiuso nel fortilizio di Palazzo Grazioli, arrogante, sempre più violento nel linguaggio, rilascia solo dichiarazioni, evita ogni confronto, ogni contatto con il pubblico. Neppure con i suoi. Invia messaggi in video o usa il telefono.
Punta a creare un clima di scontro, lo cerca, in un clima che si fa sempre più torbido. Gli ultimi assalti alle forze di opposizione sono riassunti da queste parole del premier: “La sinistra che ormai si è ammanettata a Di Pietro, vuole fare dell'Italia uno stato di polizia dominato dall'oppressione tributaria e giudiziaria”.
Violenza politica come quella praticata nei confronti di Napolitano negli incontri che si sono avuti nei due giorni precedenti la firma del decreto da parte del Capo dello Stato. Piano piano si rompono i veli sui confronti avvenuti al Quirinale, “tesi” coma ha riferito lo stesso Napolitano.

E’ stato il Messaggero a riportare frasi minacciose pronunciate dal premier. “Ti scateno la piazza”, “la tua firma non è indispensabile. Vado avanti da solo”. Dazebao ha rilanciato. Ora Scalfari scrive su Repubblica che Berlusconi “ha preteso” il decreto e che Gianni Letta sarebbe stato il “missus dominicus” di un “vero e proprio ultimatum”, la minaccia cioè “di sollevare dinanzi alla Corte Costituzionale un conflitto di attribuzioni tra il governo e il Capo dello Stato”.

Interpretazioni e ordinanze, scene di fascismo
Ma è durata solo qualche ora la “gioia” di quello che considera un trionfo, una vittoria. Parla del decreto vergogna o, a piacere, decreto salvaliste, come di una emergenza. “Noi [nel senso di Io, ndr.] sappiamo lavorare, sappiamo affrontare le emergenze”. Bertolaso insegna, si possono violare tutte le norme, le leggi, si può “interpretare” una legge in modo da cambiarla radicalmente. Dopo le ordinanze che servivano al sottosegretario per muoversi come meglio gli pareva e che hanno portato a quel verminaio di “appaltopoli”, fatto di amici, familiari, massaggiatrici, “cricche” e “gelatine”, ora si tenta di trasformare questo paese in una gigantesca “protezione in-civile” governata non dalle leggi che fa il Parlamento ma dalle “interpretazioni” che di queste dà il governo. Scene di sperimentazione fascista.
Lui, con la L maiuscola, come si addice ai Dux ed alla mussoliniana memoria che tanto piace a ministri come La Russa, quello pronto a tutto.
La “gioia” del cavaliere per averla spuntata su quello che giudica, comunque, un avversario, un comunista, dicevamo è durata poche ore. Forse neppure lui si aspettava una reazione così forte di un paese, di una società, che pensava di aver addormentato definitivamente. Sperava che la mancanza della informazione politica da lui decretata, con l’accucciarsi del direttore generale della Rai, quello che raccomandava il fratellino della compagna ai furbetti del “villaggino” (il Salaria sport village), dei consiglieri di maggioranza, evitasse la manifestazione di una protesta che cresce a valanga. Di una ribellione che nasce dalle viscere della democrazia, che può languire, morire anche, ma rinasce più forte di prima.

Dalla piazza al Parlamento, la mobilitazione per la Costituzione
In tutte le città italiane, grandi e piccole, i partiti dell’opposizione, del centrosinistra si trovano insieme a movimenti, associazioni, comitati che usano il web. Un tam tam che corre nelle nuove strade della comunicazione. Il popolo viola è presente ovunque, migliaia a Piazza Navona a Roma, centinaia di micropresidi, micro manifestazioni, in tutto il paese. Davanti a Montecitorio, a Palazzo Chigi, al Quirinale, i luoghi sfregiati dalla masnada berlusconiana. Un’onda possente, uno tsunami che non devasta, difende, costruisce. L’elenco è lunghissimo. Poi tutti insieme sabato 13, di nuovo a Piazza del Popolo, la piazza della Costituzione, da difendere, da salvare.
I vari “pezzi” che la destra di governo cerca di smontare, dai decreti interpretativi, agli attacchi all’articolo 18, alla libertà dell’informazione, si ricompongono nella Carta fondante la Repubblica democratica. Ma già il giorno prima lo sciopero generale proclamato dalla Cgil parlerà dei diritti, del lavoro, della cittadinanza, dell’articolo 18. Intanto da lunedì i gruppi parlamentari del Pd avviano il blocco dei lavori, una specie di ostruzionismo permanente.
E i sondaggi fanno tremare “papi”.Gli presentano numeri a getto continuo. E il suo umore diventa sempre più nero. Segno che la lotta, la mobilitazione paga.
Per quel poco che contiamo, noi ci siamo e ci saremo.

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