28 aprile 2010

RASTRELLAMENTI


di Alessandro Robecchi

Purtroppo i rastrellamenti continuano. Negli enti, nei consigli di amministrazione, negli organismi dirigenziali, nelle sedi Rai, decine di militanti e simpatizzanti finiani vengono catturati, interrogati con pratiche umilianti, costretti a circolare nei corridoi con un cartello al collo: banditen. Gli spazi faticosamente conquistati a colpi di spoil system e lottizzazione prontamente revocati dal comando tedesco di Palazzo Grazioli. Ora si temono rappresaglie sui familiari. È un bel contrappasso per chi ha votato tutte le leggi del regime, per chi ha partecipato entusiasta e favorevole a tutti i voti di fiducia, per chi ha contribuito attivamente a due anni di mortificazione del Parlamento.
Al massimo con flebili lamenti, ma sempre pronti a passare all'incasso. Presto per loro si chiuderanno gli spazi di comunicazione: niente più dichiarazioni nella nota politica, niente più interviste compiacenti e soffietti amichevoli, niente più cronisti stesi a tappetino.
Dategli qualche giorno e tuoneranno - relegati in angolini di minimo ascolto - contro il controllo dei media, contro il conflitto di interessi. Fulminati sulla via di Damasco assaggeranno il manganello mediatico che fin qui hanno tanto apprezzato, perché colpiva altre zucche. Fini stia attento a che calzini si mette, perché potrebbe essere seguito, filmato di nascosto, tacciato di «comportamenti stravaganti» dagli arditi Mediaset, e chissà se avremo il bene di trasecolare davanti a qualche dichiarazione finiana contro Minzolini, contro Vespa, contro le veline del Minculpop.
Non ci resta che fare la faccia stranita e dubbiosa dei partigiani che vedono salire in montagna questi badogliani in crisi di identità, questi inventori di leggi razziali che oggi parlano di dignità umana. E magari pensare che non siamo a un grande 25 aprile, ma a una minuscola caricatura di 8 settembre, che il cammino è ancora lungo e che anche questa volta liberare le valli del nord non sarà uno scherzetto.

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