16 aprile 2010

STORIE DI STRAORDINARIA SOLIDARIETA'



Dall’esperienza del terremoto in Abruzzo del 6 aprile 2009 alla nascita delle Brigate di Solidarietà Attiva
Yassir Goretz*

Non è facile raccontare l’esperienza della brigate di solidarietà attiva in Abruzzo, durante i 7 mesi in cui abbiamo gestito il campo di San Biagio a Tempera, senza cadere nella retorica ed è un peccato, per motivi di spazio, non elencare i nomi e le esperienze di tutti i 650 volontari che ci hanno aiutato in questa straordinaria impresa, partita dal basso, nel nome della solidarietà. IL 6 aprile alle 3.32 un terremoto pari a 5,8 della scala Richter colpisce la città dell’Aquila, ciò ha causato la morte di 308 persone, oltre 1600 feriti e ben 65 mila sfollati.
Il terremoto è stato così forte che anche a Roma si sono creati momenti di panico tra gli abitanti, tanto che le prime notizie ansa e del televideo Rai parlavano di un terremoto nella città di Roma, anche io spaventato nella notte, d’istinto ho preso mio figlio di due anni dal lettino e la mattina insieme alla mia compagna, eravamo in dubbio se portarlo al nido.
La mattina arrivato in Direzione Nazionale, la prima cosa è stata quella di commentare con i compagni il terremoto. Il compagni , mi dissero che il terremoto è stato all’Aquila, infatti le agenzie stampa hanno cominciato a parlare di morti e migliaia di sfollati. E’ stato a questo punto che abbiamo preso la decisione di organizzare qualcosa subito e di andare li e portare il nostro aiuto. Avevamo pensavamo di andare su con un furgone, con acqua biscotti e tè, poi, ora dopo ora, i furgoni sono diventati quattro, è arrivata una cucina completa, pasta, gazebo, tavoli e sedie.
Nel pomeriggio partenza per l’Aquila con dodici compagni e il sottoscritto.
Il Partito tutto è stato mobilitato dalla segreteria nazionale a tutti i nostri circoli, la Federazione di Pescara è stata utilizzata come centro di tutta la raccolta di aiuti.
Durante il tragitto per l'Aquila il nostro pensiero è andato alle Brigate Internazionali, da li l'idea di chiamarci Brigate di Solidarietà Attiva.
Arriviamo all’Aquila al campo base in tarda serata, ci troviamo di fronte a una scena desolante, centinaia di macchine parcheggiate intorno al campo tutte piene di sfollati, tra cui bambini e anziani che non sono riusciti a sistemarsi nel tendone allestito dalla Protezione Civile già stracolmo. Tutto il campo era pieno di fango che si moltiplicava con il via vai degli enormi mezzi dell’esercito e dalla protezione civile, il freddo è pungente e un gruppo di giovani comunisti di Pescara è lì in nostra attesa. Non sono passati 20 minuti dal nostro arrivo, che la terra ha ricominciato a tremare e per la maggioranza di noi era la prima volta. Parlo con un uomo che tiene in braccio il suo bimbo che ha la stessa età di mio figlio, mi ha raccontato che, abitando al quinto piano, durante il terremoto delle 3 e 32 non è riuscito a raggiungere il lettino di suo figlio perché era impossibile muoversi, ho pensato che l’impotenza di aiutare un proprio caro, il proprio figlio, deve essere la peggiore cosa possa accadere nella vita di una persona.
Dopo alcuni minuti proviamo a parlare con qualche responsabile della protezione civile, ma nessuno sembra ci voglia dare retta, la confusione era molta e tutti noi volevamo dare una mano. Finalmente, dopo una lunga serie di telefonate, il nostro segretario Paolo Ferrero da Roma, riesce a contattare i vertici della protezione civile, spiegandogli che, potevamo dare una mano preparando dei pasti caldi con la nostra cucina. Dopo molte ore, in mezzo al fango, cerchiamo di renderci utili affiancando un gruppo di militari che stavano preparando le colazioni, finalmente la situazione si sblocca e un responsabile della protezione civile ci dici di recarci nel paese di Tempera.
Ci mettiamo subito in viaggio, più di un’ora per fare appena 10 km perché tutte le strade erano impraticabili e quello che vedevamo dai finestrini dei nostri furgoni sgangherati, ci dava il quadro dell’enorme disastro, con l’aiuto del navigatore arriviamo finalmente a destinazione.
Uno spiazzo bianco di breccia lungo la strada, un gruppo di volontari della protezione civile che tira su le prime tende, noi che scarichiamo i nostri furgoni e cominciamo a montare la cucina e i gazebo, ci accorgiamo però che gli sfollati sono molti e che non ci basterà quello che abbiamo sui furgoni, mandiamo subito, Gennaro e Hamadi a fare la spesa a Teramo, ma non avendo un fondo cassa, il compagno Gennaro anticipa di tasca sua.
Al contrario della protezione civile, sicuramente efficiente, ma con un sistema piramidale, che di fronte ad un problema, fa si che, impiegando molto tempo, per le varie autorizzazioni prima di mettersi in opera, siano stati battuti in efficienza dai nostri compagni, che, come dire, hanno fatto “alla romana”. Del resto, anni e anni di esperienza alle feste di Liberazione serviranno pur a qualcosa? Infatti i nostri compagni in poche ore sono stati capaci di: allacciare la luce, collegare l’acqua e lo scarico nelle fognature e montare una cucina perfettamente funzionante. Dobbiamo essercela cavata egregiamente, se un capitano dell'esercito ci ha chiesto da quanti anni facessimo questo lavoro.
Cristiano (un compagno meraviglioso e colonna portante di tutta la brigata che insieme a me resterà sul campo dall’inizio alla fine della nostra esperienza), prepara il primo pasto per oltre 600 persone e la sera per 1400. Persino i volontari della protezione civile venivano a mangiare da noi, tanto che Luca del dipartimento nazionale della protezione civile, rimane colpito dalla nostra organizzazione ma soprattutto dalla nostra volontà di risolvere i problemi, tanto da seguirci passo dopo passo in tutti i 7 mesi, correggendo anche molti errori che inevitabilmente abbiamo fatto. Al secondo giorno ci fanno spostare al campo di San Biagio che è stato allestito dalla Misericordia ed è li che rimaniamo fin alla fine. Al terzo giorno, oltre alla cucina di San Biagio ci chiedono di aprire un’altra cucina nel paese di Camarda, per fortuna sono arrivati anche altri volontari da tutta l’Italia, questo grazie al fatto che eravamo l’unica organizzazione ad accettare volontari.
Eravamo partiti pensando di rimanere due giorni per distribuire biscotti e tè e ci siamo ritrovati li per 7 mesi, 24 ore su 24. Con la nostra cucina popolare e con uno spaccio POPOLARE vero, che permetteva, in quell’emergenza a tutti, di prendere i generi di prima necessità a seconda delle loro esigenze. Dai vestiti, alle scarpe, ai prodotti per l’igiene personale, senza dover compilare moduli o domande, senza inutile burocrazia. Abbiamo portato barbieri, creato un parco gioco per i bimbi con una piccola piscina, casette di legno, bagni per anziani e bambini. Abbiamo organizzato feste portato giocolieri, attori e gruppi musicali .
Tra i nostri volontari tanti iscritti al Partito della Rifondazione Comunista, giovani dei centri sociali, ma anche persone lontane dalla politica, spinte però dalla voglia di dare una mano, ricordo sempre con piacere l’arrivo di oltre 80 Boy scout e sorrido nel ricordarmi una notte intorno al fuoco con il prete che inizia a cantare “Bella Ciao”. O con l’arrivo di una ventina di studenti americani che dopo una settimana insieme a noi hanno cambiato idea o per lo meno hanno capito che, i comunisti non sono proprio quello che gli hanno insegnato negli Stati Uniti.
Momenti belli e toccanti, pianti quando era il momento di lasciare il campo, ma anche lunghe discussioni e litigate pazzesche soprattutto tra chi il campo lo ha vissuto per troppo tempo. Ma anche momenti buffi, come il volontario che appena arrivato, voleva fare la raccolta differenziata, anche se avevamo un solo secchio della spazzatura e quello che voleva fare lezioni di marxismo-leninismo, non sappiamo se ai terremotati o ai volontari. Anche momenti di tensione, quando un uomo che aveva perso tutto nel terremoto, si è presentato a noi, come un militante di una formazione di estrema destra e che dopo qualche giorno, ferma una tropue giornalistica, gridando che, se non era per i “comunisti”, sarebbero stati li chi sa per quanti altri giorni senza mangiare. Momenti eroici, come quel volontario che, dal 7 aprile e per sette mesi, senza mai parlare, ma lavorando giorno e notte, su e giù per il campo con una carriola a pulire. Quello che, resta tutto il pomeriggio letteralmente nella merda e sotto la pioggia per aggiustare la fognatura, l’altro ragazzo che, la mattina veniva accompagnato dai genitori per darci una mano e la sera doveva tornare casa perché sotto dialisi. Un giovane compagno che distribuiva scarpe tutto il giorno nel nostro spaccio popolare, mentre lui aveva le sue completamente bagnate. Potrei fare tanti altri esempi del genere, di tutti i giovani e delle tante ragazze, ognuno dei nostri 650 volontari potrebbero raccontarci una storia, un momento, un fatto che gli ha cambiato la vita, ma so bene che, molti, la maggioranza, non lo farà, perché appartiene a quella categoria di “essere umani” che non amano stare al centro dell’attenzione o fare vanto di se stessi, ma saranno sempre pronti e presenti li dove c’è bisogno di dare una mano, nella convinzione che la solidarietà è il primo principio per un essere umano e in particolare per un comunista.
Sapevo, quando dopo una settimana dal terremoto, la Segreteria del Partito, mi ha proposto di coordinare i volontari, che non sarebbe stato facile e che inevitabilmente con il mio ruolo, sarei stato il parafulmine di molte situazioni. Il mio telefono è rimasto accesso per ricevere telefonate, giorno e notte e ha squillato per sette mesi senza sosta . Sono rimasto lontano da casa per lunghissimo tempo, tanto che mio figlio, che andava al nido, ha iniziato a dire che ero morto. Ho dovuto spesso prendere decisioni antipatiche, ma sempre con l’intenzione di garantire ogni giorno a 260 persone un pasto e tutto quello di cui avevano bisogno per alleviare, almeno in parte, il dramma che stavano vivendo.
Ringrazio ancora tutti i compagni e i volontari che hanno dato una mano in questa esperienza unica, perché è la prima volta nella storia del volontariato in Italia, che un’organizzazione nasce durante una situazione di emergenza. La maggioranza di noi si è formata in questa esperienza, molti continuano il loro lavoro costituendo nei propri territori associazioni di Brigate di Solidarietà Attiva, impegnandosi nel volontariato e nella solidarietà sociale altri, come il sottoscritto, hanno scelto di intraprendere un percorso all'interno della Protezione Civile in particolare con la Prociv Arci, entrambi i percorsi devono andare di pari passo perché entrambi rafforzano il Partito della Rifondazione Comunista nella sua scelta di impegnarsi nel sociale.
In fine voglio ringraziare tutti i volontari di altissimo livello, con cui abbiamo avuto la fortuna di lavorare, sono convinto che la protezione civile funziona solo nell’ ambito di interforze (Vigili del Fuoco, Volontari della Protezione Civile, Esercito ed Enti locali) e non può e non deve essere privatizzata, deve rimanere e ci impegneremo, affinché la Protezione Civile rimanga quella voluta da Giuseppe Zamberletti ed Enrico Berlinguer.
* responsabile volontari terremoto d'abruzzo

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