14 maggio 2010

VELENI


Rossana De Rossi
DOSSIER. Sono 118, secondo l’Ispra le sostanze pericolose rinvenute nelle acque superficiali e sotterranee del nostro Paese nel biennio 2007-2008, con netta prevalenza dei componenti chimici usati nei campi.

Ancora troppi pesticidi nelle acque italiane, anche in quelle potabili. Sono ben 118, secondo il rapporto dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) sul monitoraggio nazionale di queste sostanze, quelle pericolose rinvenute nelle acque superficiali e sotterranee del nostro Paese nel biennio 2007-2008, con netta prevalenza dei pesticidi utilizzati in agricoltura, fungicidi, insetticidi ma soprattutto erbicidi.

I dati raccolti dall’Istituto servono per capire come combattere gli organismi nocivi, tutelando gli ecosistemi acquatici, quindi in teoria non c’è controllo sulle acque potabili, ma spesso i corpi idrici interessati sono gli stessi e le sostanze trovate pericolose anche per l’uomo, che può ingerirle in forma indiretta attraverso la catena alimentare, quando mangia cibi venuti a contatto con l’acqua contaminata.

I campioni analizzati sono stati 19mila 201: per quanto riguarda le acque superficiali hanno mostrato residui ben 518 punti di monitoraggio, il 47,9% del totale, e nel 31,7% dei casi le concentrazioni erano superiori ai limiti previsti per le acque potabili, che sono di 0,1 milligrammi al litro per la singola sostanza e 0,5 milligrammi per i pesticidi totali.

Nelle acque sotterranee, invece, i punti contaminati sono stati 556, il 27% del totale, nel 15,5% con concentrazioni superiori ai limiti. In tutto, i ricercatori hanno trovato 118 diversi pesticidi, con prevalenza schiacciante di erbicidi, visto che l’86,7% dei rilevamenti “positivi” hanno riguardato queste sostanze, che vengono sparse direttamente sul suolo, spesso in coincidenza coi periodi più piovosi dell’anno, per cui sono facilmente trasportate nei corpi idrici superficiali e sotterranei.

Tra le sostanze, critica la situazione per la Terbutilazina, usata nelle colture di mais e sorgo, con una contaminazione diffusa in tutta l’area padano-veneta e in alcune regioni del centro-sud. Il diserbante è stato individuato nel 42,5% dei campionamenti su acque superficiali (per il 23,9% dei casi sopra il limite per l’acqua potabile), e nel 16,4% di quelli sulle sotterranee (il 5% sopra i limiti). Nelle regioni dove l’uso è più massiccio, come Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, si arriva oltre l’80% di acque a rischio, e più o meno nelle stesse zone si continua a rilevare la presenza di Atarazina, fuori commercio da quasi due decenni.

Dai dati del 2008 emerge anche la presenza del fungicida carbendazim e degli insetticidi metomil e imidacloprid, in passato mai rilevati. Le loro elevate frequenze sono da attribuire ai dati della Sicilia, che rispetto agli anni passati ha ampliato lo spettro di sostanze cercate. Come già in passato, nei campioni sono presenti miscele di sostanze, fino a 14 insieme, e vanno quindi considerati i possibili effetti cumulativi di questi mix, come ribadito anche a livello europeo.

Nei controlli ci sono ancora grandi differenze tra le regioni, specie sul numero delle sostanze cercate, con monitoraggio più efficace nel nord che al sud.

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