18 agosto 2010

Condono tombale a prova di riscossione


I conti non tornano: gli evasori continuano ad evadere e al fisco mancano ancora 4,6 miliardi di euro. Il condono varato nel 2002 dal governo Berlusconi-Tremonti ha permesso agli evasori di regolarizzare la propria situazione senza dover versare l'intera somma dovuta all'Agenzia delle Entrate. Lo denuncia «Fiscoequo», la rivista telematica dell'associazione Legalità ed equità fiscale, che rende pubblici i dati della Corte dei conti. «Gli evasori che hanno aderito al condono - dichiara Lef - non soddisfatti di aver ottenuto un maxisconto sulle somme da pagare e l'impunità per i reati tributari e penali commessi (per i quali non era stata ancora avviata l'azione penale), continuano a beffare il fisco e prendere in giro i contribuenti onesti non versando le somme dichiarate in sede di sanatoria». Dei 4,6 miliardi mancanti, rispetto ai 26 miliardi dichiarati dai condonati, gran parte deriva da omessi versamenti (2,95 miliardi) secondo l'art. 9 bis, e la parte residua - 1,65 miliardi - è dovuta alle altre forme di condono. La questione gira tutta attorno al sopracitato art. 9 bis della sanatoria, che lascia aperto uno spiraglio per chi le tasse non vuole proprio pagarle. La normativa permette infatti la restituzione del debito in forma rateizzata «qualora gli importi dovuti eccedano, per ciascun periodo d'imposta, 3.000 euro per le persone fisiche o 6.000 euro per gli altri soggetti». Era sufficiente però versare solo la prima rata per rendere valido il condono, ovvero avvalersi di tutti i benefici, sia quelli di natura fiscale che di carattere penale. Quella legge premia infatti i recidivi: permette di «ripulire la fedina penale» di un'azienda o di una persona fisica con il versamento di appena un terzo della cifra fissata. Fatta la legge non serve neanche trovare l'inganno. La mancata riscossione da parte dell'Agenzia delle entrate di circa il 18% del gettito previsto non è un fulmine a ciel sereno. E' scritta nero su bianco nel testo di legge e la Corte dei conti l'aveva già annunciata in una prima relazione nel novembre 2008: 5,2 miliardi di euro le somme mancanti. La lacuna legislativa sarà servita a rendere più appetitosa la sanatoria e permettere comunque di incassare una parte del contributi evasi. Certo è che coloro che ne hanno beneficiato sono proprio quelle persone fisiche o società che, avendo un elevato gettito fiscale, chiedono la rateizzazione. La prima rata di 6.000 euro mette l'azienda al riparo da tutte le cosiddette «ipotesi delittuose»: dalla dichiarazione fraudolenta alla distruzione di documenti contabili, dalla falsificazione di dati, registri e atti alla omessa dichiarazione. Per chi non paga è previsto un recupero delle somme in via coattiva. Il concessionario della riscossione può avvalersi dell'espropriazione immobiliare «per i debiti da condono iscritti al ruolo di importo superiore a 5.000 euro, senza dover prima procedere all'iscrizione di ipoteca ed attendere ulteriori sei mesi per l'esecuzione», dichiara Lef. È permesso, inoltre, all'agente della riscossione di accedere ai dati bancari del debitore. A fine gennaio 2009 sono stati recuperati in maniera coattiva 786 milioni di euro. Il sistema della rateizzazione ha prodotto lungaggini nella riscossione forzata. Lungaggini che hanno permesso a molti debitori di riorganizzare il proprio assetto patrimoniale e sfuggire nuovamente alle richieste del fisco. Molti di loro evidentemente saranno d'accordo con il ministro Tremonti, autore della sanatoria, quando dichiara che «il condono è una forma di prelievo fiscale fuorilegge». Qualcuno però si era posto il problema: la Corte tributaria del Lazio, con una sentenza del 10 febbraio 2009, aveva dichiarato non valido il condono in mancanza dell'intero versamento delle rate. La tesi ricalcava alcuni pronunciamenti resi dalla Commissione tributaria regionale del Lazio (ottobre 2008 e maggio 2007) e dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna ( giugno 2007), secondo cui «sarebbe singolare che un condono nato per sanare gli omessi o tardivi versamenti possa a sua volta "tollerare" tardivi versamenti di somme». Sulla questione si sono accapigliate la Cassazione e l'Agenzia delle entrate. Per la prima il condono scatta con il pagamento della prima rata, mentre per la seconda solo il pagamento integrale estingue l'irregolarità. Per ora, a quanto pare, ci si accontenta del minimo e si perdona tutti.

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