06 novembre 2012

Liste arancioni, parte la campagna

"Cambiare si può". 70 firme lanciano un appello che chiede una presenza al voto che sia fuori dalla morsa tra Grillo e centrosinistra, fra ritiro nell'astensione e adesione all'agenda Monti. Le prime iniziative
Un'operazione «complicata ma necessaria, che deve essere messa in campo subito», prima che l'elettore progressivo, sfinito o imbufalito, si rassegni a scegliere tra «Monti e Monti, cioè tra i tecnocratici puri e i partiti che vorrebbero sostituire i tecnici senza segnare una netta discontinuità con la loro agenda, come propone la carta d'intenti della coalizione Pd-Sel-Psi; o votare il Movimento 5 stelle; o ritirarsi nell'astensione».

Di liste arancioni si parla da mesi. Ma, stavolta - giurano gli organizzatori - si parte sul serio. Ieri è stato presentato l'appello «Cambiare si può! Noi ci stiamo», promotori e primi firmatari i sociologi Luciano Gallino e Marco Revelli, e l'ex magistrato Livio Pepino (ora a capo delle Edizioni Abele di don Ciotti). Seguiti da una distesa di nomi dell'associazionismo (come don Marcello Cozzi, vicepresidente di Libera), intellettuali e giuristi (Paul Ginsborg, Tonino Perna, Alberto Lucarelli, Ugo Mattei), amministratori (anche della Val Susa), artisti e scrittori (Moni Ovadia, Massimo Carlotto, Sabina Guzzanti, Gianmaria Testa), delegati sindacali (come Antonio Di Luca, uno dei lavoratori di Pomigliano discriminati da Marchionne), giornalisti (Oliviero Beha, Gabriele Polo), e don Gallo, Haidi Giuliani, Riccardo Petrella, Guido Viale.
Stavolta, giurano, non è solo di un appello: è una concretissima «campagna» che porterà, un passo alla volta ma ormai di corsa, ad un'iniziativa il primo dicembre, dopo le primarie ma - non a caso - prima del ballottaggio: come per dire che ci sarà una «presenza arancione» nel 2013 chiunque vinca ai gazebo, qualunque legge elettorale venga apparecchiata. Che pure non è variabile irrilevante ai fini dell'organizzazione e quindi del rapporto - lista o coalizione - con i partiti come Prc e Idv. Intanto «i fatti richiedono un'iniziativa politica nuova e intransigente», dice l'appello (lo pubblichiamo per esteso a pag.14), «per non restare muti» e «rompere con la logica paralizzante delle compatibilità», «non la raccolta dei cocci di esperienze fallite, dei vecchi ceti politici, delle sigle di partito, della protesta populista» e che porti «alla costituzione di un polo alternativo agli attuali schieramenti, con uno sbocco immediato anche a livello elettorale» che convochi le migliaia di persone mobilitate «dalla pace ai referendum, movimenti, associazioni, singoli, amministratori di piccole e grandi città, lavoratrici e lavoratori, precari, disoccupati, studenti, insegnanti, intellettuali, pensionati, migranti in un progetto di rinnovamento». Parte delle firme provengono da Alba (alleanza lavoro benicomuni ambiente), ma stavolta «siamo ancora più ambiziosi», spiega Pepino: c'è un mondo che si sgretola e noi vogliamo far partire una palla di neve». Per far partire la valanga, sottinteso. Arriveranno nuove «pesanti» adesioni. Si guarda naturalmente anche a De Magistris, che intanto ieri ha battuto non uno ma molti colpi, intervistato un po' ovunque. Ha annunciato per dicembre il lancio di un «movimento arancione» che a tutta l'aria di convergere con l'appello dei 70 - sull'Huffington Post ha ipotizzato il nome «Partigiani» - per «mettere insieme quello che i partiti contro il sistema e quello che coloro che stanno fuori dai partiti hanno fatto di buono in questi anni». Forse ci sarà anche Di Pietro, a cui ha espresso solidarietà umana. E se ci fossero anche Landini e Ingroia «sarebbe da stappare una bottiglia di champagne».

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