di Romina Velchi (Liberazione del 1 settembre 2011)
Niente da fare. Anche stavolta un buco (è il caso di dirlo) nell’acqua. Una delle (pochissime) novità uscite dal vertice di Arcore - quello dato per «decisivo»; quello nel quale sarebbero stati sciolti tutti i nodi sulla manovra e che aveva fatto gridare «vittoria» ai giornali filogovernativi - è morta nella culla. Anzi, ancora un po’ e scendeva in sciopero pure la Uil: il colmo, dopo tutti gli sforzi messi in campo per spaccare i sindacati. Inevitabile, perciò, il dietrofront e magari Tremonti se la ride pure, lui che su queste pseudo-modifiche non ci ha voluto mettere il timbro (che se la veda Sacconi...). E dire che la trovata (quella su naja e anni di studio) è uscita dal cappello dei leader massimi, cioè Berlusconi e Bossi di pirsona pirsonalmente, come direbbe il Catarella di Montalbano. Scherzavano? Volevano vedere l’effetto che fa?
Solo che c’è davvero poco da ridere. Da un governo sostenuto dalla maggioranza più ampia di sempre siamo finiti al «carta vince, carta perde», cioè quel giochino con cui imbroglioni di mezza tacca fregano i poveri cristi. Ora c’è l’aumento dell’Iva, un attimo dopo non c’è più; si toccano le pensioni, anzi no; via il contributo di solidarietà, contrordine; meno tasse, anzi di più e via così.
Piccolo cabotaggio. Il tentativo, ormai patetico, di restare a galla, di tirare a campare. E pazienza se, in questo sforzo, ministri ed esponenti politici di spicco sono costretti a continue giravolte e a smentire se stessi. Non era Alfano, segretario del Pdl, che l’altro giorno giurava che dal confronto interno sulla manovra sarebbe uscito un governo più forte? Non era la Padania che l’altro ieri titolava «Passa la linea della Lega»? E quale sarebbe questa linea? Quella di Bossi, che ad Arcore dà il via alla norma sulle pensioni o quella di Calderoli che a Roma fa fare marcia indietro a Sacconi sulla norma medesima? Boh. Nessuna traccia, al contrario, di misure di semplice buon senso e di immediata comprensione come far pagare un po’ di più a chi ha di più (ci è arrivato persino Sarkozy); tantomeno di proposte per far tornare a crescere la nostra sgangherata economia, unica concreta possibilità per risanare il bilancio.
Fino a ieri ci hanno raccontato che questa manovra è urgente (infatti, hanno fatto un decreto) e che serve a rimettere a posto i conti italiani per salvare il paese dai cattivi speculatori. E loro che fanno? Giocano alle tre carte, litigano, si fanno i dispetti a vicenda. Così il tempo passa; i saldi vanno a ramengo (pare che adesso manchino all’appello sette miliardi); e magari si scoprirà che serve una manovra-ter (o quater, fate voi). Roba da far venire i brividi.
Dilettanti? Sì, solo che allo sbaraglio finisce che ci andiamo noi. A questo punto viene voglia di pregarli di non fare niente.
1 commento:
sciopero il 6 settembre?
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