"Cambiare si può". 70 firme lanciano un appello che chiede una
presenza al voto che sia fuori dalla morsa tra Grillo e centrosinistra,
fra ritiro nell'astensione e adesione all'agenda Monti. Le prime
iniziative
Un'operazione «complicata ma necessaria, che deve essere messa in
campo subito», prima che l'elettore progressivo, sfinito o imbufalito,
si rassegni a scegliere tra «Monti e Monti, cioè tra i tecnocratici puri
e i partiti che vorrebbero sostituire i tecnici senza segnare una netta
discontinuità con la loro agenda, come propone la carta d'intenti della
coalizione Pd-Sel-Psi; o votare il Movimento 5 stelle; o ritirarsi
nell'astensione».
Di liste arancioni si parla da mesi. Ma, stavolta - giurano gli
organizzatori - si parte sul serio. Ieri è stato presentato l'appello
«Cambiare si può! Noi ci stiamo», promotori e primi firmatari i
sociologi Luciano Gallino e Marco Revelli, e l'ex magistrato Livio
Pepino (ora a capo delle Edizioni Abele di don Ciotti). Seguiti da una
distesa di nomi dell'associazionismo (come don Marcello Cozzi,
vicepresidente di Libera), intellettuali e giuristi (Paul Ginsborg,
Tonino Perna, Alberto Lucarelli, Ugo Mattei), amministratori (anche
della Val Susa), artisti e scrittori (Moni Ovadia, Massimo Carlotto,
Sabina Guzzanti, Gianmaria Testa), delegati sindacali (come Antonio Di
Luca, uno dei lavoratori di Pomigliano discriminati da Marchionne),
giornalisti (Oliviero Beha, Gabriele Polo), e don Gallo, Haidi Giuliani,
Riccardo Petrella, Guido Viale.
Stavolta, giurano, non è solo di un appello: è una concretissima
«campagna» che porterà, un passo alla volta ma ormai di corsa, ad
un'iniziativa il primo dicembre, dopo le primarie ma - non a caso -
prima del ballottaggio: come per dire che ci sarà una «presenza
arancione» nel 2013 chiunque vinca ai gazebo, qualunque legge elettorale
venga apparecchiata. Che pure non è variabile irrilevante ai fini
dell'organizzazione e quindi del rapporto - lista o coalizione - con i
partiti come Prc e Idv. Intanto «i fatti richiedono un'iniziativa
politica nuova e intransigente», dice l'appello (lo pubblichiamo per
esteso a pag.14), «per non restare muti» e «rompere con la logica
paralizzante delle compatibilità», «non la raccolta dei cocci di
esperienze fallite, dei vecchi ceti politici, delle sigle di partito,
della protesta populista» e che porti «alla costituzione di un polo
alternativo agli attuali schieramenti, con uno sbocco immediato anche a
livello elettorale» che convochi le migliaia di persone mobilitate
«dalla pace ai referendum, movimenti, associazioni, singoli,
amministratori di piccole e grandi città, lavoratrici e lavoratori,
precari, disoccupati, studenti, insegnanti, intellettuali, pensionati,
migranti in un progetto di rinnovamento». Parte delle firme provengono
da Alba (alleanza lavoro benicomuni ambiente), ma stavolta «siamo ancora
più ambiziosi», spiega Pepino: c'è un mondo che si sgretola e noi
vogliamo far partire una palla di neve». Per far partire la valanga,
sottinteso. Arriveranno nuove «pesanti» adesioni. Si guarda naturalmente
anche a De Magistris, che intanto ieri ha battuto non uno ma molti
colpi, intervistato un po' ovunque. Ha annunciato per dicembre il lancio
di un «movimento arancione» che a tutta l'aria di convergere con
l'appello dei 70 - sull'Huffington Post ha ipotizzato il nome
«Partigiani» - per «mettere insieme quello che i partiti contro il
sistema e quello che coloro che stanno fuori dai partiti hanno fatto di
buono in questi anni». Forse ci sarà anche Di Pietro, a cui ha espresso
solidarietà umana. E se ci fossero anche Landini e Ingroia «sarebbe da
stappare una bottiglia di champagne».
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