E’ nato un porcellino confederale, anzi, un porcellum sindacale. E’ proprio vero che il porcellum non è solo una legge elettorale, ma un sistema di pensiero: un cancro che si è impossessato dell’Italia, una ideologia che seduce le classi dirigenti di destra e sinistra nei tempi di crisi, una scorciatoia per liberarsi di quel fastidioso problema che si chiama democrazia.
E’ in arrivo la bufera delle finanziarie tagliatutto? Va deciso se sottoscrivere o meno accordi infami? Il governo ti punta la pistola alla tempia? La risposta dei dinosauri del sindacalismo corporativo e para-aziendale è semplice (e a suo modo persino geniale): inventiamoci un trucchetto per cui, se siamo d’accordo tra di noi, la gente non possa più votare contro di noi. Facciamo un accordicchio per cui, se si mette insieme il 50% dei dirigenti dei sindacati su un contratto poi si impedisce per legge ai lavoratori di esprimersi per dire cosa pensino di quell’accordo. Incredibile ma vero, è questo il meraviglioso patto firmato fra Confindustria Cgil-Cisl e Uil. Malgrado molti giornali ne occultino il senso, il compromesso che in queste ore è definito “una rivoluzione” è tutto qui. Anzi, c’è di peggio. Una volta che i sindacati non più sottoposti a nessuna verifica hanno firmato un accordo contro il tuo volere, tu – il lavoratore – non puoi più scioperare. Per definire questo pastrocchio si sono inventati un bellissimo eufemismo: “Clausola di tregua”. Esempio: la tua impresa propone un contratto osceno, ti chiedono di lavorare tutti i giorni, anche se sei malato, pena la decurtazione del salario (non è fantascienza, in alcuni accordi è già così). Tu sei contrario. il 51% della burocrazja sindacale invece è favorevole, e ti spiega: è il miglior contratto possibile. Sanno che la devi mandare giù perché il sindacal-porcellum gli garantisce che non ci saranno consultazioni. Però nella tua azienda la situazione precipita, aumentano gli infortuni. Immaginate che gli stessi iscritti dei sindacati che hanno firmato l’accordo, non avendo altri strumenti, debbano scioperare perché le condizioni di lavoro si fanno insostenibili. A questo punto l’imprenditore risolve il problema dei porcellini confederali provando a licenziare chi ha scioperato (ha violato la “clausola di tregua”, no?).
Che sindacati ormai tesi al fiancheggiamento stabile del governo reputino questa soluzione non solo sostenibile, ma persino auspicabile, non stupisce. Ma la domanda è: che diavolo ci guadagna Susanna Camusso? L’idea che la segretaria della Cgil non solo abbia voluto, ma addirittura cercato laccordo è tanto preoccupante quanto vera. Una ratio però c’è. La Marcegaglia sogna di offrire questo patto a Marchionne per recuperare lo scisma a destra della Fiat; la segretaria della Cgil per domare lo scisma a sinistra della Fiom. Con un anacronismo supefacente nei giorni in cui la vittoria dei referendum esalta la democrazia diretta come l’arma in più della sinistra sulla destra. Partita con l’idea di tornare protagonista grazie al porcellum, con il no della Fiom la Camusso rischia di perdersi per strada due cose: o i suoi iscritti, o la più forte delle sue organizzazioni. Quella, cioè, che proprio sul terreno dei referendum alla Fiat ha dimostrato di avere più consensi delle sue tessere.
di Luca Telese
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