26 novembre 2009

LAZIO, LE INFILTRAZIONI MAFIOSE, CI SONO E SI VEDONO



di Luisa Laurelli*
ROMA - Il livello di infiltrazioni mafiose nel Lazio è ancora e sempre preoccupante.  Sebbene vi sia stata una maggiore attenzione dei media e dell’opinione pubblica sul fenomeno esiste ancora e assai diffusa l’idea di una regione “pulita”, solo superficialmente interessata dalla presenza della criminalità.

E c’è chi parla ancora di “criminalità importata”, ossia di famiglie associate alla camorra e alla ‘ndrangheta provenienti comunque dalle regioni “ad alta densità mafiosa”. Non è così. Come sottolineato da Libera, nell’elenco dei 33 indagati a vario titolo dalla Dda di Roma nell’operazione Damasco II, 25 sono nati a Latina, uno a Roma, uno in provincia di Frosinone.  Lo stesso dicasi per gli indagati di quella operazione che fu definita “Nettuno Connection”.

Il caso di Fondi, comune sciolto a seguito delle dimissioni di sindaco e giunta ma mai colpito da uno scioglimento per infiltrazioni mafiose deciso dal Consiglio dei ministri, ha scoperto le contraddizioni di questo Governo. Che con un suo ministro (Maroni) dice che il Comune va sciolto come chiede il prefetto Frattasi e con altri suoi esponenti si oppone, probabilmente per meri calcoli elettorali, alla richiesta di un uomo delle istituzioni come è il prefetto di Latina. La nascita di un comitato antimafia nella cittadina pontina dimostra che esistono uomini e donne stanchi di vedere la loro città associata alla mafia. Uomini e donne, giovani per lo più, che non cadono nello sciocco tranello del Governo che attacca chi chiede lo scioglimento accusandolo di voler ledere Fondi e i suoi cittadini. Strane equazioni di chi pensa che volere una classe politica nuova, lontana da qualsiasi anche solo sospetta collusione mafiosa, sia voler colpire i cittadini onesti. Chi rispetta la legge però lo sa e nulla ha da temere da un eventuale commissariamento. Questo darebbe fiato anche a quelle imprese oneste che subiscono la concorrenza sleale delle attività economiche legate alla criminalità. Nella relazione del prefetto Frattasi  vi sono decine di ditte che avrebbero ottenuto commesse dal Comune pur essendo state segnalate come legate alla criminalità organizzata. Senza che il Comune abbia mai chiesto una certificazione antimafia.

E’ certo che ci sono alcuni esponenti di questo Governo che fanno fatica a giustificare un tale comportamento. Come fanno fatica a giustificare proposte di legge come quella che prevede la vendita dei beni confiscati alla mafia. La mafia potrà riappropriarsene impunemente. E le lotte di chi ha cercato di ridare quei beni alla collettività, gli sforzi e il coraggio di chi ha difeso terre e edifici confiscati da attentati e intimidazioni saranno state inutili. O come quella sul processo breve che porterà alla prescrizione reati gravissimi, come l’usura e, ancora, la legge che limiterà le intercettazioni. Quello che dico allora ai parlamentari di tutti gli schieramenti che ancora credono che il rispetto della legge sia al di sopra e al di fuori di ogni polemica politica: opponetevi a queste norme. Coi fatti in aula e non con le parole.

Ma nell’allarme e nel pessimismo che ancora caratterizza la lotta alla mafia c’è un’immagine speciale che vi prego di richiamare sempre alla memoria quando si parla di tale fenomeno: le scene di esultanza di tanti siciliani sotto la questura e quelle tante mani levate per gioire per l'arresto del criminale Domenico Raccuglia.

*presidente della commissione Sicurezza della Regione Lazio

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