31 luglio 2010

SECONDA REPUBBLICA. Titoli di coda


Non bastassero le foto dei finiani raggianti all'Hotel Minerva, soccorrono quelle del premier al compleanno di Gianfranco Rotondi a documentare la fine di un regime. Fedelissimi inquisiti e gaudenti, direttori di tg inginocchiati e ridenti, ministre e deputate alle ultime comparsate da ragazze-immagine: è tutto ciò che resta della "rivoluzione berlusconiana", quella che ancora sedici mesi fa, dal palco del congresso fondativo del Pdl, veniva rivenduta in salsa di carisma, provvidenza e salvezza. Espulso il cofondatore di allora (e già allora reticente), il premier si sentirà pure liberato da un peso, «come con Veronica»; eppure proprio da Veronica avrebbe dovuto imparare che dopo la liberazione da certi pesi, la leggerezza dell'essere diventa insostenibile. Senza il peso di Fini, Berlusconi non è più leggero: è finito, o se sopravviverà sarà comunque un altro Berlusconi, residuale a se stesso. Non perché gli venga a mancare un socio di grande statura: sulla statura di Fini in troppi stanno esagerando, a destra e soprattutto a sinistra. Né perché il Pdl resta monco: i partiti liquidi, cioè inesistenti, sopportano queste e altre emorragie. E nemmeno solo perché il governo è ormai virtualmente in crisi, appeso al filo ora di Fini stesso, il traditore, ora di Bossi e di Tremonti, pronti a tradire a loro volta. Ma perché la rottura con Fini scrive i titoli di coda sul progetto strategico della "nuova destra" italiana nata nel '94, del bipolarismo e di quella che è stata chiamata (arbitrariamente) Seconda Repubblica. La crisi non è di partito o di governo, è di sistema.

L'alleanza spiazzante siglata diciassette anni fa («Se votassi a Roma, fra Fini e Rutelli sceglierei Fini», fu il biglietto da visita del Cavaliere alle comunali del '93) aveva due facce, una rivolta al passato l'altra al futuro. Per il passato, si trattava di sdoganare gli ex-fascisti aprendo la porta allo sfondamento revisionista della storia politica nazionale. Per il futuro, si trattava di oltrepassare quella storia riscrivendo il patto costituzionale e approdando effettivamente a una Seconda Repubblica. Per quanto oggi ci si possa divertire a sfogliare l'album del rapporto da sempre difficile fra due leader così diversi come Berlusconi e Fini, e per quanto si possa fare dell'ultimo Fini un baluardo della legalità costituzionale, non va dimenticato che il progetto di radicale riscrittura della Costituzione in senso presidenzialista, plebiscitario e federale è stato per quindici anni il vero e unico collante di una destra tricipite, fatta da tre componenti - An, Lega, Fi - rispettivamente extra, anti e post costituzionali, per altri versi incomponibili se non incompatibili. Su quel collante si è consolidato il bipolarismo italiano, e grazie a quel collante la transizione italiana avrebbe dovuto prima o poi compiersi come "rivoluzione" berlusconiana.
Sul lungo periodo, quel collante non ha retto. La costituzionalizzazione di Fini - che non si esaurisce con le sue proclamazione di oggi su legalità, garantismo e impunità: chi si ricorda di Genova 2001? - lascia più isolata e più inasprita l'anomalia di Berlusconi. Il quale verosimilmente punterà ancora, nei pochi mesi che ha davanti, a rinverdire il proprio progetto eversivo premendo l'acceleratore sulla giustizia e sul federalismo, contando (troppo) sul solo Bossi oltre che sulla propria onnipotenza ferita, tentando l'affondo elettorale se i sondaggi su Vendola, che ha già commissionato non senza preoccupazione, glielo consentiranno. Resta sul campo lo scheletro di un bipolarismo forzoso e ormai svuotato, e il compito interminabile di ridisegnare il sistema politico italiano a destra e a sinistra, e possibilmente con una sinistra non a rimorchio della destra com'è stata per vent'anni. Per questo non basterà la continuità istituzionale di cui si fa garante Napolitano, né la disponibilità a una soluzione di transizione o di emergenza di cui si fa promotore Bersani, né la delega a una pur necessaria riscrittura delle regole elettorali. Ci vorrà la convinzione che una stagione si è chiusa davvero, non solo per il Pdl, e che i titoli di coda chiamano l'opposizione, non solo Gianfranco Fini, a uscire dalla passività della rendita di posizione garantita dall'incantesimo del Cavaliere.

di Ida Dominijanni


AMMAZZA CHE FUNAMBOLI !!




Nel porgere le congratulazioni alla nuova (si fa per dire) squadra di governo, che affiancherà il sindaco nell'amministrare ardea,e mentre si narrano maestrie nel ricompattarsi, tanto velocemente, da sembrare davvero un bella famiglia, poniamo un quesito da cittadini.
Non vi è per caso sfuggito l'essenziale?
siedi qua , siedi là. ma i frutti non si vedono.
Il nostro assessore (riconfermato, perchè in quota) ai servizi sociali, ha offerto una estate di insolita tranquillità ai ragazzi disabili e loro famiglie.
Non ha neanche tentato una convenzione per assicurare centri estivi, rivolti a questa minoranza, non ci aspettavamo centri istituiti dal comune, con integrazione ed assistenza specialistica, sarebbe davvero troppo per ardea, ma almeno un gesto di attenzione, di valutazione del problema. Avrebbe potuto mettersi a tavolino e considerare che a scuola finita e senza l'ombra di un aumento do ore di assistenza domiciliare, le difficoltà delle famiglie aumentano e cosi' la possibilità di socializzare per questi ragazzi, cosa ben peggiore, se si considera che i cittadini disabili di ardea non perseguono una vita di normale relazione e come spesso abbiamo sottolineato, abbandonare l'integrazione è condannare alla morte sociale un individuo.
Ma quando si riduce ogni tentativo di organizzazione nel nome del risparmio economico, sembra effimero parlare di trovare soluzioni, cercare contatti, muoversi per arrivare all'obiettivo.
Siamo orgogliosi che si sia tenuto il corso di formazione per giovani amministratori!
LA VERITA' IN QUESTA TRISTE STORIA E' SEMPRE LA STESSA.........

PRC
circolo ardea

30 luglio 2010

CONVOCATO CONSIGLIO COMUNALE PER IL 3 AGOSTO


Il Presidente Policarpo Volante ha convocato il Consiglio Comunale per 3 agosto 2010 alle ore 18.30 presso il Centro Sociale Anziani "Caduti di Nassiriya" (via dei Tassi, 18/b - Tor San Lorenzo, Ardea) per la trattazione del seguente ordine del giorno:

1) Approvazione verbale seduta precedente;

2) Comunicazioni del Sindaco;

3) Mozioni, interrogazioni, interpellanze;

4) Comunicazioni in ordine alla mozione consiliare del 15/06/2010;

5) Delibera di Giunta Comunale n. 38 del 16/04/2010 avente ad oggetto "Variazione bilancio di previsione al bilancio pluriennale 2010-2012, alla relazione previsionale e programmatica – Salvaguardia degli effetti (proposta n. 4 del 05/07/2010);

6) Ratifica delibera n. 50 del 9/06/2010;

7) Modifiche ed integrazioni regolamento Polizia mortuaria;

8) Centro sociale Anziani Nuova Florida. Ratifica e surroga;

9) Centro sociale Anziani Tor San Lorenzo. Ratifica e surroga;

10) Nuovi importi indennità risarcitoria danno ambientale;

11) Integrazione rettifica del Catasto come da disposizione dell’Agenzia del territorio;

12) Piano particolareggiato di recupero ai sensi della L.R. n. 28/80 come modificato dalla L.R. n. 76/85 della zona B8 del vigente PRG denominata Rio Verde. Approvazione del modello dell’assetto programmatico di indirizzo urbanistico;

13) Presa d’atto delle domande pervenute Edilizia Contrattata;

14) Presa d’atto delle domande pervenute L. n. 167/1962;

15) Presa d’atto studio di fattibilità della Carta Tematica di indirizzo Cimitero;

16) Presa d’atto studio fattibilità Carta Tematica di indirizzo Centro Sportivo;

17) Programmazione OO.PP. triennale ed elenco annuale delle OO.PP 2010 – 2012. Variazione ed aggiornamento elenco annuale 2010.

ROMA VA IN DISSESTO? NON SIAMO TENUTI A SAPERLO MA SOLO A PAGARE I CONTI


Tempi duri per i sindaci. Per Alemanno, durissimi. Ma più ancora per i romani. Dall’articolo del Sole 24 0re – Roma del 28 luglio, il debito e gli interessi del Comune potrebbero raggiungere quota 20 miliardi.

Le ultime notizie diffuse a mezzo stampa parlavano di una voragine sensibilmente più limitata: 12 miliardi le stime del Commissario Straordinario, 8 miliardi la pronta rettifica di “ambienti vicini al Ministro Tremonti”.

E allora come si arriva alla cifra stratosferica dei 20 miliardi? Ci si arriverebbese la parte collegata ai mutui Cdp (Cassa Depositi e Prestiti) e ai prestiti bancari di 8 miliardi” ( CDS –derivati)” invece di essere rimborsata anticipatamente, fosse ripagata in base alle scadenze dei singoli contratti.”

All’Associazione Antigene e alle altre Associazioni di consumatori che avevano fatto la richiesta di accesso agli atti per questi contratti, il Comune si era alla fine degnato di rispondere tramite il Vice Ragioniere Generale Alberto Pagliarulo , negandoli. La motivazione del diniego veniva motivata, richiamando una sentenza del Consiglio di Stato, in base al fatto che : “ la normativa a tutela dei consumatori non attribuisce alle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale una sorta di generica vigilanza sulle vicende attinenti al consumo e in specie, ai servizi pubblici, non sussistendo ad esempio una loro posizione giuridicamente tutelata in ordine all’acquisizione di fatti e documenti, per una verifica intesa a sindacare direttamente, in maniera generalizzata ed indiscriminata lo svolgimento delle attività ed il livello dei servizi pubblici in questione.”

Antigene, insieme ai radicali Roma ne ha preso atto demandando direttamente alla Procura della Repubblica il compito di verificare se al riguardo possano sussistere reati di truffa.

Ma dato che lo stesso Sindaco sta chiedendo “uno scatto morale” per “uscire da una situazione di degrado e da una crisi gravissima”. Dato che questo scatto morale si sta al momento cominciando a concretizzare in 2375, 5 milioni di euro da racimolare con 18 milioni per il maggior gettito ICI, 40milioni “dal riordino delle strutture amministrative”, 174 milioni di addizionale IRPEF, aumento della Ta.ri , delle tariffe delle mense scolastiche e degli asili nido, introduzione della tassa sui matrimoni e di quella di soggiorno per i turisti, “taglio delle spese”, beh, forse finalmente la trasparenza e la verifica di questo ciclone che si sta abbattendo sui dipendenti, sugli utenti e sui consumatori dei servizi capitolini è dovuta a chi è chiamato a pagare.

L’articolo da conto di unarincorsa contro il tempo per evitare il dissesto finanziario con l’approvazione entro il 31 luglio del bilancio e delle 13 delibere propedeutiche. Una situazione quindi di allarme drammatico per le sorti della città. Ma sarà il periodo estivo, non abbiamo sentito un fiato al riguardo da parte dei consiglieri comunali o dalle forze politiche o dalla stragrande maggioranza dei giornali per allertare la cittadinanza o, quanto meno, informarla. E questo ormai abituale, implacabile silenzio sul debito del Comune di Roma ci turba quanto le sue cifre e le sue conseguenze.

29 luglio 2010

Pedaggi, stop del Tar del Lazio No aumenti per autostrade e Gra


L'ordinanza dei giudici: "Al pagamento deve corrispondere un servizio, non solo una tassa".

- Nel giorno del via libera definitivo alla manovra , arriva subito il primo stop a una delle misure più discusse. Il Tar del Lazio, infatti, ha sospeso il decreto che ha disposto l'aumento dei pedaggi autostradali. I giudici hanno accolto il ricorso contro l'aumento dei pedaggi in 9 barriere autostradali del territorio romano, presentato dalla Provincia di Roma assieme a 41 comuni del territorio provinciale e alla Provincia di Rieti. Sulla stessa materia avevano presentato ricorsi autonomi il comune di Fiano Romano e la provincia di Pescara. Nell'ordinanza del Tar è spiegato che al pagamento deve corrispondere un servizio, e dunque l'utilizzo di un'infrastruttura, e non può trattarsi di una mera tassa. Il Governo, secondo quanto anticipa Radio 24, avrebbe deciso di ricorrere al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar.

"Il provvedimento impugnato", si legge nelle ordinanze, "per essere coerente con la finalità enunciata deve assumere il carattere di corrispettivo per l'utilizzo di una infrastruttura; al contrario, tale carattere non appare sussistente in alcune delle ipotesi evidenziate, vale a dire in tutte quelle che prevedono il pagamento del pedaggio in relazione ad uno svincolo stradale non necessario e non interessato dalla fruizione dell'infrastruttura".

L'ordinanza è stata emessa dalla prima sezione del Tar del Lazio presieduta da Linda Sandulli. La decisione è un principio valido per l'intero territorio nazionale. I giudici, infatti, hanno sospeso l'efficacia del decreto con il quale il Presidente del Consiglio, il 25 giugno scorso, facendo seguito a quanto previsto dalla manovra, ha individuato le "stazioni di esazione" delle autostrade a pedaggio in concessione che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta dell'Anas.
note di Ag.

VITTORIA! INTERCETTAZIONI RIMANDATE A SETTEMBRE


Nel pomeriggio arriverà la comunicazione ufficiale ma vi anticipo già da ora la grande novità dell’estate e ve lo annuncio con un gran senso di soddisfazione e di orgoglio: il ddl intercettazioni sarà rinviato a settembre. Ci possiamo concedere il lusso di cantare vittoria, anche se, come diceva qualcuno, abbiamo vinto la prima battaglia e non la guerra ma è già uno straordinario segnale. E’ la dimostrazione che quando di fronte a noi c’è una grande battaglia di democrazia ci dobbiamo credere fino in fondo, perché le buone ragioni dell’opposizione, anche se minoritarie, sono sempre vincenti. E’ la prova che, quando l’opposizione, la società civile, i sindacati, le associazioni uniti in piazza ai semplici cittadini, fanno fronte comune e gridano forte, ad una voce sola, il rifiuto ad ogni forma di autoritarismo mascherato, ad ogni prevaricazione subdola e strisciante, ad ogni atto di arroganza becero del potente di turno per coprire le sue malefatte e la sua spregiudicatezza politica e morale, si deve combattere. E’ la prova che quando in gioco c’è la difesa delle più elementari libertà dell’uomo che sono sacre e inviolabili, si può vincere. Non è finita qui. Per ora, abbiamo portato a casa un risultato straordinario che ci rende orgogliosi e soddisfatti. Abbiamo vinto la prima grande battaglia di democrazia, costringendo il governo ad una clamorosa sconfitta. Siamo ad un passo dalla Caporetto del Governo, alla Waterloo del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, sconfitto e umiliato, che subisce l’onta di dover rinviare il provvedimento sulle intercettazioni, che voleva tanto e subito, costretto ad ingoiare un rospo gigante, circostanza per lui inusuale. Con il ddl intercettazioni, che rimane quello che è, ovvero una colossale, gigantesca, enorme porcata – ricordo qui solo per inciso la vergognosa abolizione della norma Falcone e quella antiweb che fanno inorridire – ci rivediamo a settembre, augurandomi con tutto il cuore che il rinvio di oggi sia il primo passo verso l’archiviazione definitiva di questo ennesima legge scellerata del Governo.
di Massimo Donati

28 luglio 2010

Cala il sipario sul web



Avete un blog sul quale seguite l’attività politica della vostra città? Vi interessate di politiche ambientali e aggiornate il vostro sito con le novità che riguardano risparmio energetico e gestione dei rifiuti? Siete iscritti ad una mailing list di ricercatori precari nella quale vi confrontate sui tagli all’università? E ancora, siete tra quelli che, telecamera in spalla, vanno dai politici a chiedere conto delle loro scelte?

Se siete tra questi, o se comunque avete un vostro sito Internet, preparatevi: molto presto dovrete fare molta attenzione. Nella legge bavaglio che verrà approvata a breve in via definitiva, è contenuto un articolo che vi riguarda. E’ il comma 29 che recita: “ Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”.

Vuol dire che ogni sito web (blog, forum, pagina Facebook, canale YouTube, wiki, ecc), dovrà sottostare all’obbligo di rettifica previsto per le testate giornalistiche. Se a qualcuno non va bene qualcosa che avete scritto, se ritiene falsa o tendenziosa una vostra frase o pensa che una vostra opinione ecceda il diritto di critica, potrà contattarvi ingiungendovi di pubblicare la sua versione dei fatti. Nel momento in cui nella vostra casella di posta arriverà una simile comunicazione, partirà un conto alla rovescia: avrete 48 ore per pubblicare la rettifica. Scaduto questo termine, non avendo rispettato la legge, rischiate una multa fino a 12mila euro.

Per la maggioranza di governo e persino per alcuni esponenti della blogosfera, il comma 29, è sacrosanto: “Sul web non si può scrivere ciò che si vuole” dicono. Per molta parte degli utenti della rete, per il Partito Democratico e Italia dei Valori, invece, il comma non tiene conto nella natura amatoriale di molti siti web e risulta perciò censorio. Da più parti viene anche sottolineato che il comma presta il fianco ad abusi: un sito web spesso non ha risorse, competenze e personale per analizzare nel merito ogni richiesta di rettifica. Juan Carlos De Martin, professore associato presso la Facoltà di Ingegneria dell’Informazione del Politecnico di Torino, contattato dal Fatto, parla a riguardo di “Chilling effect”, una definizione utilizzata negli Usa per definire leggi che sopprimono opinioni o condotte attraverso la minaccia di ritorsioni; è di certo vittima del Chilling effect un cittadino che si autocensura per timore di una penalizzazione (nel nostro caso di una multa salata).

Su Internet è in corso una campagna contro il comma 29. L’associazione Valigia Blu – la stessa che si era fatta promotrice di una raccolta di firme per chiedere al Tg1 una rettifica sull’avvocato Mills prescritto e non assolto – ha scritto una lettera aperta a Gianfranco Fini e Giulia Buongiorno: “Occorre reintrodurre il dibattito sul comma 29 dell’art. 1 del ddl nel corso dell’esame alla Camera” dicono esponenti della blogosfera, della cultura, della politica. “L’informazione in Rete – aggiungono – ha dimostrato, ovunque nel mondo, di costituire la migliore forma di attuazione di quell’antico ed immortale principio, sancito dall’art. 19 della dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo e del cittadino: ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione”.

I tempi ormai stringono: in settimana la Camera darà il via libera alla legge sulle intercettazioni. Quindi la maggioranza di governo, su esplicito diktat di Berlusconi, intende chiudere la pratica bavaglio al Senato entro le ferie estive.

CDQ NUOVA FLORIDA: TERRENI INCOLTI, OMISSIONI DI ATTI DI UFFICIO ?


In data 26 c.m. è stata protocollata una ennesima lettera del Comitato di
Quartiere Nuova Florida che ancora una volta deve “aiutare” l’Amministrazione
Comunale: infatti dopo le numerose e documentate denunce fatte sia al Sindaco
che al Comandante dei VV.UU. di Ardea - da parte di privati cittadini ma anche
da questo Comitato - concernenti la mancata pulizia (e pericolosità) di terreni
incolti siti in via Modena e via Piacenza, con sorpresa e sdegno si prende atto
che ad oggi le uniche risposte pervenute da parte dell’Amministrazione sono
state:
la conferma della reiterazione - in data 28 giugno 2010 - dell’Ordinanza
sull’ Obbligo della Pulizia dei terreni incolti, e la dichiarata incapacità da parte della Polizia Municipale di risalire ai proprietari di detti terreni (e di conseguenza di far rispettare – come le avevamo richiesto – la Sua Ordinanza).
Questo Comitato, pur non intendendo sostituirsi agli organi preposti e retribuiti per fare il loro dovere di amministrare la città, con una semplice ricerca telematica al Catasto, è riuscito ad ottenere – (chi vuole trova) le informazioni necessarie, che saranno fornite su Vostra richiesta scritta: questo per la legge sulla privacy!

Pertanto il Comitato si chiede e chiede agli organi preposti: si tratta SOLO di INCAPACITA’ E PRESSAPOCHISMO oppure (DELIBERATA?) OMISSIONE D’ATTI D’UFFICIO??
Il Direttivo del CdQ Nuova Florida""

27 luglio 2010

PRATICA DI MARE, FESTA MEDIEVALE


Vi invitiamo a non mancare alla grande Festa Medievale, che avrà luogo presso Pratica di Mare, sabato 28 Agosto 2010 dalle ore 17.00 alle 20.00. Oltre cento tra attori e figuranti si alterneranno nelle diverse iniziative (musica, teatro, culinaria, danza, ricostruzioni storiche, combattimenti, sorprese, poesia, pittura, giochi medievali per bambini, ecc.) che si succederanno nel corso della giornata. L'iniziativa ha come dedica il ricordo dei fatti dell'8 Maggio 1588. quando un assalto dei pirati algerini di Assan Agà, mise a ferro e fuoco il territorio, uccidendo, derubando e portando via 103 persone di cui non si seppe più nulla. La Pro Loco di Pomezia, che deve al suo storico Presidente, Mario Bianchi, la ricerca e lo studio dei fatti narrati, ha promosso l'iniziativa con il Patrocinio della Regione Lazio. Ad organizzare l'evento c'è l'Associazione Culturale Tyrrhenum, il Gruppo Storico Lavinium, il Consorzio Parchi Letterari Virgilio, la Compagnia d’Arme Sant'Eramo, la Compagnia Teatrale Talia, più una lunga serie di associazioni invitate. Inoltre, l'iniziativa si avvale del patrocinio non oneroso da parte del Comune di Pomezia. Come scritto, l'evento sarà molto articolato, lasciando agli spettatori un poco di tregua solo per l'ora di cena, prima dello spettacolare gran finale. Importante sarà la partecipazione della cittadinanza, mirata alla conoscenza ed alla riappropriazione della propria storia. Sono invitati i pittori locali, all'interno della festa ci sarà un'estemporanea a tema; i poeti, un angolo sarà messo liberamente a loro disposizione; artisti ed artigiani che potranno esporre liberamente le loro opere e creazioni, all'interno se in tema medievale, all'esterno se culturalmente validi ma moderni. Scenografie, costumi, fuochi, storie, musiche e odori da un altro tempo, per una serata che ci faccia mettere ancora di più le radici nel nostro territorio.

26 luglio 2010

RILANCIO DEL NUCLEARE, APPROSSIMAZIONE E INADEGUADEZZA


I giornali hanno messo in evidenza la candidatura di Umberto Veronesi a capo della futura Agenzia per la sicurezza nucleare, riportando interventi pro e contro questa ipotesi. Ma il dibattito sembra incentrarsi sul problema interno al PD.

A noi preme analizzare il processo in atto, ovvero la faticosissima nascita di questa Agenzia, senza la quale nulla si potrà fare, che sta accumulando un rilevante ritardo (era prevista per novembre 2009).

Lo statuto dell’Agenzia firmato dall’ex ministro Scajola il 27 aprile scorso indicava all’articolo 7 che “il Presidente e i componenti del Consiglio direttivo non possono svolgere attività professionale o di consulenza (…) ricoprire uffici pubblici elettivi o incarichi direttivi o di rappresentanza nei partiti politici”. Una nota importante per una agenzia di emanazione governativa che dovrebbe però risultare autonoma e indipendente nel suo procedere.

Umberto Veronesi secondo quello statuto non avrebbe potuto divenire presidente. Ma il Governo ha necessità di aumentare il credito della propria strategia e la possibilità di coinvolgere un membro dell’opposizione (mettendola in difficoltà), ponendolo a capo dell’Agenzia, è parsa allettante (alla nuova “madrina” del nucleare italiano Stefania Prestigiacomo).

Ecco perché la scorsa settimana il Senato ha modificato l’articolo 7 dello Statuto Scajola eliminando l’incompatibilità per il presidente dell’Agenzia. Pertanto a meno di colpi di scena, sempre possibili ad onor del vero, Umberto Veronesi ne sarà il primo presidente, unico candidato alternativo rimane Guido Possa, ingegnere nucleare del Politecnico di Milano, amico del Presidente del Consiglio, ex Fininvest e senatore del PDL.

La cosa rilevante (per il Paese) in quanto accaduto non è tanto il rapporto fra Veronesi e il PD, quanto la modalità di procedere di questo governo in una materia delicata qual’e' quella dell’energia. Questo procedere così disinvolto con modifiche e contro-modifiche è imbarazzante, soprattutto relativamente ai criteri di nomina di un organismo garantito come autonomo e indipendente.

Purtroppo è solo l’ultimo atto di una serie di interventi contraddittori che hanno riguardato anche le fonti rinnovabili, come i certificati verdi, prima cancellati e poi recuperati a furor di popolo ma che hanno comunque creato sconcerto negli investitori stranieri e hanno fatto crollare del 40% il loro valore nelle contrattazioni.

Vicende come quelle della modifica di uno statuto di un’Agenzia non ancora nata, al solo scopo di adattarsi al candidato identificato, sono di ben poco auspicio anche per chi davvero spera in un ritorno del nucleare in Italia.

Per chi questo auspicio non ce l’ha sono ulteriore segno di approssimazione e inadeguatezza.

Roberto Meregalli

Beati i costruttori di pace

(Materiali sul tema energia sono disponibili su: www.martinbuber.eu)

ARDEA: CRISI FINITA, NUOVA GIUNTA , TROMBATO IL VICE SINDACO RENZO MORINI


Senza ombra di dubbio da questa soluzione della crisi, il Sindaco ne esce in grosse difficoltà e con un ridimensionamento del suo gruppo. Trombato il vice sindaco e assessore al bilancio Renzo Morini, anima “ nobile “ del centro destra, politico di lungo corso, figura dialogante e discreta, uno dei pochi nel Popolo delle Libertà a non essere rimasto impelagato in vicende giudiziarie, ex socialista eletto nel 1995 consigliere comunale nelle fila del PDS, poi confluito in Forza Italia. Più volte in lizza per la candidatura a sindaco, osteggiato dai referenti locali del centro destra che a lui hanno preferito personaggi meno autorevoli ed estranei al territorio. Eufemi è alle corde, piuttosto che rassegnare le dimissioni accetta un compromesso dagli esisti devastanti. Ci sono voluti 4 Consigli Comunali finiti nel nulla, una crisi politica durata mesi, una vacanza amministrativa senza precedenti per “ passare “ la delega al bilancio ad altro referente e ridimensionare le pretese di una possibile candidatura a sindaco del Morini nella prossima tornata elettorale.

I toni trionfalistici provenienti da Palazzo, non trovano riscontro per una vera ed impulsiva azione amministrativa, la tregua armata servirà ad Eufemi per continuare a galleggiare, il regolamento dei conti è solo rimandato. Conoscendo l'agire politico del nostro primo cittadino che in questo frangente ha incassato la “ botta “, ci aspettiamo altri colpi di scena, tutti giocati nel grigiore delle stanze del potere, lontani dalle esigenze dei cittadini, ignari di queste squallide pratiche politiche

Intanto Renzo Morini tace, noi ci domandiamo come può un socialista convivere in un partito con padroni e padrini, un partito che ha tentato in tutti i modi di allontanarlo con metodi subdoli ed anche con affronti fisici, abbandonato dal sul fido Consigliere Comunale che a lui ha preferito una misera delega al Personale.


Valtere Roviglioni IDV Ardea

25 luglio 2010

Ardea, crisi finita. Eufemi nomina la nuova Giunta


New entry Paolo Dei Santi e Maria Pia Pagano.

Si è conclusa la mini crisi dell’amministrazine di Ardea. Il sindaco Carlo Eufemi (nella foto) ha nominato i nuovi assessori che lo affiancheranno nell’amministrare il comune di Ardea. Soddisfazione del capogruppo Massimiliano Giordani che sin dal primo momento ha portato avanti le trattative con impegno e professionalità. “Ringrazio quanti hanno contribuito alla risoluzione della crisi - ha detto Giordani -, una crisi risoltasi rapidamente proprio per l’impegno di tutti di lavorare per la risoluzione dei problemi dei cittadini. Ringrazio in modo particolare il sindaco che più di ogni altro che con la sua esperienza e professionalità ha contribuito alla risoluzione rapida per arrivare ad una nuova composizione della giunta”.
Due new entry. La prima è costituita da Paolo Dei Santi con delega a Cultura, Turismo, Sport, Trasporti, Servizi educativi; Dei Santi, imprenditore, nella precedente amministrazione Eufemi è stato consigliere comunale in quota An, espressione del consigliere Francesco Paolo Corso.
L’altra new entry Maria Pia Pagano con delega a Patrimonio, Casa, Lavoro, Formazione professionale, Ricettività portuale, Rapporti intercomunali, Beni monumentali. Pagano, avvocato residente a Pomezia, è in quota all’immarcescibile Bruno Cimadon (il quale, come è sua tradizione, pur forte degli oltre 500 voti di preferenza tra i votanti di Ardea, propone sempre assessori da paesi limitrofi).
Gli altri assessori, tutti provenienti dalla precedente giunta, sono: Carlo Giorgio Bille con delega a Urbanistica, Edilizia Privata, professione medico, di riferimento del consigliere Massimiliano Giordani. Nicola Petricca con delega ad Ambiente, Igiene urbana, Sanità, Reti tecnologiche, Servizi di manutenzione professione assicuratore, in quota al consigliere più votato Luca Di Fiori. Daniele Santino Bosu con delega a Lavori Pubblici professione imprenditore, in quota a Danilo Petrella e Antonello Magliacca. Fabrizio Velocci con delega ad Attività Produttive, Bilancio, Tributi, in quota al consigliere Fulvio Bardi. Massimiliano Gobbi con delega a Servizi sociali, Protezione civile professione impiegato in quota ai consiglieri Riccardo Iotti e Fabrizio Acquarelli. Inoltre il sindaco ha conferito a due consiglieri comunali deleghe speciali; ad Alberto Montesi la delega alla Polizia Municipale e delegato alla frazione di Tor San Lorenzo (e, in effetti, con questa delega si può considerare il vicesindaco di Tor San Lorenzo); a Nazareno Sperandio la delega al personale.
Luigi Centore

24 luglio 2010

SI SGRETOLA LA ROCCA


Tra le cause possibili, il tempo e un'edilizia incontrollata

Attimi di terrore per il crollo della recinzione di un parcheggio privato a strapiombo sulla rocca. A causare la caduta della parete sembrerebbe essere stata una manovra avventata fatta con un’automobile. Fortunatamente in quel momento nell’area sottostante non transitava nessuno e ancor meno c’erano gli operai del comune che di frequente di questi tempi tagliano l’erba.
Quella franata era l’unica zona non ancora transennata. Una rupe che in questi giorni avrebbe visto un’ispezione dei tecnici della provincia di Roma per cercare se possibile di consolidarla. Un’impTra le cause possibili, il tempo e un'edilizia incontrollataresa veramente ardua in quanto la rupe è tutta a rischio crollo e sono evidenti le larghe fessure tra i blocchi di tufo. Gli esperti ritengono che l’erosione sia dovuta non soltanto agli anni, ma al peso delle costruzione di una edilizia incontrollata cui va aggiunto il transito di mezzi pesanti. Non è escluso che possano esserci dei controlli statici sui manufatti costruiti a strapiombo sulla roccia e sull’area ove questi sono edificati. Non sono escluse evacuazioni qualora dai controlli si ravvisasse un pericolo per i fabbricati ma soprattutto per la popolazione
Luigi Centore
da ilfaroonline

23 luglio 2010

EUFEMI: UNA GIUNTA BALNEARE ?


A più di 10 giorni dall'apertura della crisi, Eufemi non riesce a ricomporre un esecutivo. Il prezzo da pagare è altissimo in termini di vuoto amministrativo e di richiesta di finanziamenti. In periodo di crisi solo una classe politica scellerata si permette il “ lusso “ di far scivolare via tante opportunità per una cittadina priva dei maggiori servizi primari. Scuole, strade, fogne, acqua potabile, metanizzazione sono servizi essenziali senza i quali una popolazione soccombe a disagi ambientali e sociali con costi aggiuntivi poco sopportabili in tempi di crisi economica.

Mentre Ardea degrada e si impoverisce ogni giorno di più, il Sindaco venuto da Nettuno con una maggioranza “ bulgara “ non riesce a governare.

Il territorio è allo sbando, il degrado ha raggiunto livelli insopportabili, la sicurezza e la legalità annunciata in campagna elettorale sono parole senza senso, i protocolli d'intesa con Prefettura e forze dell'ordine, carta straccia finita nei cestini di una Amministrazione Comunale travolta da numerose indagini giudiziarie con assessori e consiglieri indagati. Furti, rapine e atti di violenza si susseguono a ritmi impressionanti,per la maggior parte provenienti da territori completamenti abbandonati all'abusivismo edilizio, al degrado alla rinuncia di governarli, oasi lasciate al comando di piccoli boss locali con conseguenti infiltrazioni camorristiche, vedi operazione “ Le Salsare “.

Eufemi aveva promesso legalità, trasparenza, servizi. Lascerà un paese impoverito economicamente e civilmente.

La crisi politica è frutto di un avvitamento del centro destra tutto impegnato a spartisi deleghe e appalti, il bilancino degli interessi personali ha fatto perdere di vista l'interesse comune, la stessa delega di rappresentanza protempore assegnata dai cittadini nell'urna. Prepotenza, arroganza e menefreghismo sono la cultura della gestione quotidiana anche di semplici atti amministrativi “ velocizzati “ ad personam.

Un quadro devastante nel quale si muove il Sindaco ormai prigioniero delle sue contraddizioni.

Dal palazzo qualche fido consigliere proponeva al Sindaco una Giunta tecnica, noi consigliamo ad Eufemi di fare una Giunta balneare. Dimettiti e portali tutti al mare.

Valtere Roviglioni IDV Ardea

Centrali nucleari Nel lazio? Siamo sicuri di volerle?





In periodo elettorale sono apparsi a Roma manifesti elettorali della Polverini con la scritta: "Sicuramente il nucleare. A Montalto di Castro e Latina (ma dopo le elezioni!)". Quasi contemporaneamente, l'allora candidata alla poltrona di "governatora" dichiarava a Greenpeace che il Lazio può fare sicuramente a meno del nucleare. Troppo comodo dire Sì al nucleare e poi dichiarare che la propria regione ne può fare a meno.

La Polverini non è l'unica a essere affetta dalla "sindrome dell'ipocrita nucleare" che ha colpito anche Zaia (Veneto) e Formigoni (Lombardia). Nel Lazio la situazione è ancora più grave perché i tecnici dell'EDF hanno già fatto sopralluoghi a Montalto di Castro, che appare un sito certo del ritorno italiano al nucleare.

Presto volgeranno l'attenzione alla dismessa centrale di Borgo Sabotino, per la quale già sono in cantiere una serie di "ammodernamenti" relativi alla canalizzazione delle acque di lavorazione mediante canali che i bene informati affermano dovrebbero sfociare in un nuovo porto turistico (!).

I cittadini hanno bisogno di risposte chiare sul nucleare e non meritano di essere presi in giro, né prima né dopo le elezioni.

Ardea: in stallo il rinnovo della Giunta


Molti problemi attanagliano la località e i cittadini chiedono un atto di coraggio da parte del sindaco

Il Faro on line - Stallo nelle trattative per il rinnovo della nuova giunta Eufemi (nella foto). Attualmente il paese è fermo, non è escluso comunque che il sindaco Eufemi sensibile alle problematiche cittadine nomini a giorni una giunta tecnica qualora in tempi brevissimi i consiglieri non raggiungano un accordo politico.
La crisi attanaglia il paese, la mancanza di una giunta sta facendo perdere milioni di euro di finanziamenti. Le strade non si riparano più, i servizi di manutenzione sono fermi, i cimiteri sono nel più totale abbandono, l’abusivismo dilaga, specialmente nelle zone demaniali. Inoltre sempre nuovi rom avanzano indisturbati nell’occupazione del territorio e dei complessi immobiliari, vanificando il lavoro svolto all’inizio dell’anno dalla polizia municipale al comando del Ten. Col. Luciano Martinelli. La spiaggia libera resta senza sorveglianza… i cittadini continuano a restare senza amministrazione.
L’offesa più eclatante sembra essere la mancanza di richieste di finanziamenti alla regione in un momento critico per un paese che ha bisogno di tutto. La metanizzazione tanto pubblicizzata non è iniziata, il potenziamento della rete idrica e fognante alla Nuova California è rimasta una chimera. Opere stradali e opere pubbliche in generale, sono rimaste ferme alle dimissioni dell’assessore Giancarlo De Angelis. Tra giovedì e venerdì prossimo una commissione provinciale giungerà ad Ardea per un sopralluogo per far iniziare il carotaggio di consolidamento della rupe tufacea della rocca e ad attenderla non troverà nessun assessore. Le pratiche di sussidio presso i servizi sociali aumentano mettendo in difficoltà tante famiglie con i propri bambini.
La popolazione in questo stallo politico del resto già annunciato dal consigliere Nazareno Sperandio sembra essere sempre più convinta che Eufemi debba immediatamente rinominare nuovi assessori in una giunta tecnica almeno fino a quando la politica non proponga nuovi nomi. Le difficoltà di “riaccroccare” una giunta politica si fa sempre più difficile. Le richieste dei tanti gruppi politici rappresentati in Consiglio anche quelli a singolo consigliere rivendicano un assessore di riferimento. Cosa impossibile da concedere essendo sette gli assessori da nominare e non venti quanti sono i consiglieri. Intanto la gente attende e non capisce, e chiede al sindaco “se ci sei batti un colpo, non aver paura di aver coraggio tanto nessuno ha il coraggio di sfiduciarti”

di Luigi Centore

POLVERINI: AL CIPE IL PROGETTO DELLA NUOVA PONTINA


«Oggi il Cipe ha comunicato ufficialmente che nella prossima riunione, presumibilmente entro la fine del mese, si parlerà della realizzazione della nuova Pontina». Lo ha detto il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, dopo aver partecipato alla riunione del Cipe sul finanziamento della tratta T3 della linea C della metropolitana romana. Per la nuova Pontina servono 2,7 miliardi di euro di cui il 60% provengono da fondi privati già esistenti e 40% pubblici: di questi fanno parte i 468 milioni già stanziati dal Cipe ma «stiamo lavorando anche sullo sblocco di alcuni fondi comunitari». Se tutto ciò andrà in porto «forse - ha aggiunto - non avremo nemmeno bisogno di attingere ai fondi in più derivanti dai pedaggi di ingresso e uscita dal Gra» una proposta che il sindaco di Roma Gianni Alemanno aveva avanzato al ministro per le Infrastrutture e Trasporti Altero Matteoli in occasione del pre-Cipe di tre giorni fa.


;MARUCCIO,CONGELATA PER PUGNO VOTI - «Se il Cipe finanzierà la Roma Latina, e visti i precedenti aspetterei una conferma concreta, si tratterebbe di una vicenda che abbiamo più volte denunciato in questi mesi: il congelamento dei fondi per meri scopi elettoralistici» Lo afferma il capogruppo Idv al Consiglio regionale del Lazio Vincenzo Maruccio. «Il progetto della Roma Latina, con annesso il tratto Cisterna-Valmontone - spiega - è stato presentato dalla precedente giunta al Cipe alla fine dello scorso anno. Il governo di centrodestra ha pensato bene di congelarlo e di rimandarne la discussione a dopo le elezioni regionali, anteponendo interessi elettorali all'inizio dei lavori, che altrimenti sarebbero già partiti. Nel frattempo dal centrodestra si sono alzate numerose voci che osteggiavano il contenuto del progetto e rilanciavano la folle idea del corridoio tirrenico Oggi - aggiunge - ammettono che non solo il progetto della Roma-Latina è valido, cantierabile e l'unico possibile, ma anche che i tempi sono maturi per appropriarsene e scongelare il finanziamento. Insomma - conclude il capogruppo Idv - il centrodestra getta la maschera e conferma quanto andiamo dicendo da mesi: un'opera fondamentale per lo sviluppo della nostra regione e per la vita di migliaia di pendolari è rimasta ferma per mesi, per qualche voto in più».

Che significa la parola politica" ?


Analizzatela questa parola e vedrete che appartiene al popolo, alla massa, al cittadino. Oggi si sbandiera facilmente di essere apolitici ed apartitici, non capendo che il suo significato è uguale ad "apatia, indifferenza,egoismo"Allora mi chiedo, .quanto è utile per la battaglia che si consegue mettere le magliette nere con scritto no a … ai Consigli comunali avranno un significato, vero???Lo si fa purchè le istituzioni e i partiti ascoltino le nostre grida, ma, se l'istituzione e i partiti non ci ascoltano, che si fa?Si continua a restare isolati nel gruppetto o, forse, è meglio rivendicare una propria identità e mostrare le proprie facce cercando di entrare nelle istituzioni, non per il potere ma per vincere meglio le nostre battaglie ecologiste & sociali! Noi verdi di Ardea come -partito che rappresenta tutte le associazioni ecologiste del mondo siamo disgustati dalla gestione di questa e delle precedenti amministrazioni che pensano soltanto ai tornaconti personali usurpando tutto quanto è possibile senza preoccuparsi del futuro di questo paese che la natura aveva premiato dandole clima amabile, storia invidiabile e ben nove chilometri di larghe spiagge! Noi, vogliamo che i cittadini liberi da lacci si rendano conto che è ora di dire BASTA agli amministratori che non amministrano e ai Sindaci che non amano la nostra città Per le prossime elezioni partecipiamo in tanti ma, per SALVARE Ardea e per un futuro vivibile. Noi, liberi da preconcetti e legami, ci stiamo e Voi? Contattateci www.verdiardea.it

Per Verdi Ardea la portavoce Graziella Furini


Continuiamo cosi'....facciamoci del male!




Chi non ricorda la famosa battuta dell'ironico nanni moretti !
Vivere ad ardea somiglia un po' alle storie surreali dei film del regista moretti, dove la realtà assume contorni tanto goffi, da chiedersi, ma sogno o son desto?
L'analisi politica di questo paese, non ha nulla a che vedere con teorie, ideali, competenze, non esiste neanche la possibilità di comprendere a pieno il metodo (se esiste un metodo), secondo il quale, questo gruppo agisce,
Quello che ne esce è un quadro avvilente, in cui si mortifica l'intelligenza e si conduce il cittadino a rinunciare ..a rassegnarsi..
I politicanti di zona, ignari marionette senza fili, non seguono, una logica, un lavoro, un impegno, il saper far politica ad ardea ha preso connotati lontani dalla sua originale vocazione.
fare politica qui significa accordini, favori, tenersi a galla, leggere tra le righe e dichiararsi solo dopo aver fatto i conti..si è perduta di vista la linea, il decoro, la coerenza, solo rimediare per se stessi, assecondare secondo indirizzo, e magari voltare le spalle per concedersi al migliore offerente.
Noi diciamo no alla politica di scambio, noi diciamo no alle intese personali a scapito dell'interesse pubblico, noi denunciamo qualsiasi forma clientelare e di baratto, noi auspichiamo un governo sano e laborioso, non possiamo più accettare, questo modo provinciale e penoso in cui versa la classe politica dirigente. Il governo di una città non puo' essere un mandato a vita, come la carriera di un notaio, in cui lo si passa da padre in figlio, la responsabilità di sedere nel consiglio non è una garanzia data a pochi e sempre gli stessi, possibile che nell'eterna danza degli eletti ci si ritrova sempre il solito gruppo storico? Questo dovrebbe far pensare e molto, ed invece, niente, in tempo di crisi, i soliti noti, si rivolgono ai soliti noti elettori che per una manciata di promesse, tornano alle urne con la determinazione di sempre, confermare la casta, cambiare è rischioso, io sto!
Noi crediamo che esiste un numero di cittadini coraggiosi, che sono stanchi, come noi, di questa decadenza, noi crediamo che esiste chi puo' fare a meno del lampione fuori casa perchè sa che bisogna lavorare duro, affinchè il lampione sia per tutti, noi crediamo che ci siano padri che vorrebbero la possibilità per i loro figli di andare a scuola senza dover attraversare la regione, e magari sognano una collocazione di lavoro, nel loro paese, noi crediamo che ci siano anziani che sanno che non basta loro una stanzetta per riunirsi, noi crediamo che ci siano donne che vogliono manteneresi un lavoro e non rinunciare ad essere madri, crediamo che ci siano giovani che non sanno che farsene del muretto.
Noi vogliamo una società civile, e non esiste civiltà senza il rispetto, questa amministrazione calpesta le nostre vite, spartendosi posti, incarichi, e lavori, negando la partecipazione al resto della popolazione impedendone la crescita...noi diciamo ..no!
barbara tamanti prc circolo ardea

Trento:partorisce e le tolgono il figlio perchè povera


Il fatto di essere in difficoltà economiche non ha consentito ad una giovane madre di abbracciare il figlio appena nato. Aveva da poco dato alla luce il piccolo.

La sua situazione è difficile: il suo reddito mensile è di soli 500 euro, ma la giovane trentina ha rifiutato la possibilità di abortire e scelto non solo di portare a termine la gravidanza, ma di tenere con sé il bambino e crescerlo.

Una scelta coraggiosa. Consapevole di quanto sia difficile crescere un figlio in una situazione economica precaria, la ragazza ha chiesto un affido condiviso, una procedura che consente a genitori in difficoltà di farsi aiutare da un’altra famiglia nell’allevare il bambino.

Il Tribunale di Trento, però, ha deciso diversamente: senza nemmeno interpellarla, ha dato il via alla procedura di adottabilità. Come se il piccolo fosse stato abbandonato dalla madre alla nascita. La mamma ha immediatamente chiesto di parlare con i giudici, ma è stata ricevuta solo a distanza di un mese. Il giudice ha avviato una perizia sulle capacità genitoriali della madre. La madre verrà “studiata” per mesi per accertarsi che sia in grado di rivestire il ruolo di genitore e solo di fronte al giudizio finale del tribunale potrà riabbracciare suo figlio. Una procedura solitamente riservata a casi gravi, come violenze domestiche. Va sottolineato che la donna non ha mai avuto episodi di tossicodipendenza ed è assolutamente incensurata. L’unico motivo per cui le hanno tolto il bambino sono le sue limitate risorse economiche.

Il caso è stato reso noto oggi dallo psicologo Giuseppe Raspadori, consulente tecnico di parte del Tribunale, che attacca il meccanismo con cui i giudici dei minori applicano la sospensione della potestà genitoriale. “La giovane, senza problemi di tossicodipendenza e con un reddito mensile di 500 euro, nonostante le fosse stata proposta la sospensione della gravidanza, ha scelto di partorire chiedendo un affido condiviso per il bimbo che momentaneamente non sarebbe stato in grado di mantenere”, dice il dottor Raspadori. “A questo punto però il Tribunale ha dato avvio alla procedura di adottabilità, levandole il figlio alla nascita. Dimostrando come in alcuni casi la giustizia sa essere davvero tempestiva”.

Solo dopo un meseprosegue Raspadorila giovane si è potuta incontrare con il giudice, il quale ha deciso di avviare una perizia sulle capacità genitoriali della madre. Una beffa, perché in questo modo la ragazza, cui è stato sottratto il diritto di essere madre dal primo momento, rivedrà il proprio figlio solo dopo otto mesi, con buona pace della fase primaria dell’attaccamento, con relativo allattamento e svezzamento, e della giustizia per il minore”.

Sabrina Ferrante

22 luglio 2010

VENDOLA SI’ O VENDOLA NO? DITE LA VOSTRA SU QUESTO BLOG


Ci sono due o tre cose che, a mio parere, rendono la discesa in campo di Niki Vendola paradossale. Il governatore della Puglia, perché questo è stato chiamato per il momento a fare, si candida a leader del centrosinistra senza un programma, senza un progetto, senza un’idea concreta per il Paese. Offre solo il suo corpo mediatico, senza dubbio fortemente carismatico, come mezzo per la conquista del consenso intorno a sé. Parla di narrazione, di sparigliamenti, di gare feconde, di nuova speranza in moto, di fiammate violente, di nuovo ossigeno da portare nell’obitorio della politica. Parole seducenti, suggestive, a forte impatto evocativo ed emozionale ma che, al netto della fascinazione, rimangono effimeri apparati retorici, roboanti e barocchi. C’è molto, troppo, Berlusconi, in questa paradossale discesa in campo di Vendola, in questo suo singolare modo di porsi in campo a fare il leader. Ai cieli azzurri e ai bambini felici di Silvio, Niki sostituisce la gramsciana connessione sentimentale con il popolo, le fabbriche di Niki, come luoghi di eruzione di buona politica, ma il modello offerto dai due è identico: leaderismo allo stato puro senza idee né programmi. Quando, invece, al di là degli effetti speciali, si cercano frammenti di contenuti ed un’idea su cui ragionare e lavorare, crolla l’impalcatura. Come il tentativo compiuto da Vendola di mettere sullo stesso piano Carlo Giuliani, Falcone e Borsellino. Carlo Giuliani è un giovane ragazzo che ha perso la vita e che merita tutto il nostro rispetto e cordoglio, ma definire eroe chi partecipava ad un’azione violenta e che è stato colpito mentre si avventava a volto coperto contro un carabiniere brandendo un estintore, è francamente inaccettabile. Soprattutto, se si mettono sullo stesso piano Falcone e Borsellino, servitori dello Stato, massacrati dalla mafia che combattevano da una vita con intransigenza, coraggio e abnegazione totale di se stessi. Oppure, per fare un altro esempio, quando, in un’intervista di qualche giorno fa, discettando di economia, proponeva di sostituire tout court il modello di competizione capitalistica con quello della cooperazione che, per quanto sia importante e tuttora attualissimo, è una proposta che fa cadere le braccia e che, per dirla come Niki, è davvero il modo più vecchio che c’è nel mondo occidentale per pensare di dare una speranza di futuro a questo paese. Per queste ragioni, sono convinto che la candidatura di Vendola sarebbe disastrosa per il centrosinistra. E’ sicuramente oggi l’esponente più credibile, più moderno e carismatico di una sinistra radicale che rappresenta, però, una componente significativa ma nettamente minoritaria del centrosinistra, non certo un leader che possa guidare una coalizione capace di aggregare la maggioranza assoluta degli italiani. Sarò all’antica ma per me prima viene il programma, inteso nel senso nobile di una visione condivisa di sviluppo del Paese e dopo viene il leader che deve essere la persona capace di impersonare al meglio quel progetto e quelle idee. Per me, la proposta di governo alternativo del centrosinistra non parte dall’ostentazione del corpo carismatico di un leader ma dal coraggio e dalla generosità di partiti, movimenti, società civile, associazioni che finalmente scelgano di parlare con sincerità al paese e, così come fece Prodi nel ’96 – chiedendo sacrifici per portare l’Italia nell’euro – sappiano proporre al Paese una via d’uscita concreta dalle secche nelle quali si trova oggi.
di Massimo Donati IDV

21 luglio 2010

Lettera aperta ai cittadini di Ardea


Il nostro sfortunato comune ha compiuto 40 anni, se fosse una persona sarebbe un adulto, una persona con una “carriera” tracciata, una programma di vita tracciato, degli obbiettivi familiari consolidati, avrebbe insomma un programma per il futuro.

Purtroppo Ardea è un Paese SENZA: una programmazione strategica, obbiettivi, piani, classe politica capace; praticamente è senza futuro.

Negli altri comuni la nomina degli assessori ha motivazioni politiche e personali forti, serve per tenere unite maggioranze, a volte anche rissose, ma comunque i cambi sono rari e sono soggetti a logiche “comprensibili”e si giocano localmente.

Nel nostro Comune non è così, infatti non si capisce con quali criteri personali e politici vengano nominati gli assessori ed i cambi sono frequentissimi.

Ora scopriamo che pur essendo un Comune indipendente è condizionato da pesanti ingerenze esterne!!!!!!

Siamo già stati umiliati da squallidi cambi di campo che hanno portato ad una maggioranza bulgara; ora lo siamo di più scoprendo che il nostro comune viene diretto a bacchetta dal centro romano del PDL.

Abbiamo infatti appreso dalla stampa, e dagli interessati, che sono arrivate le direttive dal centro romano del PDL per far dimettere la Giunta, ma che cosa siamo noi una riserva indiana? Una colonia del PDL?

Pur criticando aspramente per la sua inefficienza questa Giunta non riteniamo degno di un paese democratico il fatto che giungano diktat per azzerare Giunte.

Abbiamo accettato TUTTO, ANCHE TROPPO, un sindaco che proviene da altro comune, il maschilismo più assoluto, un consiglio comunale tutto maschile a cui è stata affiancata una Giunta anch’essa tutta maschile, che in oltre 2000 giorni ha soltanto “GALLEGGIATO” facendo un ritocchino qua e là, non ha prodotto opere per aiutare la città a crescere, a produrre posti di lavoro, a far decollare l’economia. Non ha programmato né realizzato nulla di quanto promesso in campagna elettorale, sicuramente non ha dato seguito al cavallo di battaglia elettorale su legalità e trasparenza; niente sulla trasparenza degli atti, sulle gare d’appalto, zero sulla partecipazione democratica dei cittadini.

Il fallimento è su tutta la linea, eppure il Sindaco sembrava sincero quando dopo le sue prime dimissioni tuonava nella piazza di Ardea contro i corrotti e i corruttori, contro quelli che remavano contro, ma poi se li è rimessi tutti attorno, in Consiglio Comunale ed in Giunta.

Carissimi concittadini, capiamo benissimo che fa caldo e che sicuramente avete voglia di pensare ad altro, sappiamo anche che le notizie non arrivano a tutti, anzi non arrivano affatto e che i soliti noti vi diranno che è stato fatto tutto il possibile, ebbene non è vero; guardatevi attorno, guardate la vostra città guardate tutto ciò che non funziona: la programmazione di opere necessarie, la metanizzazione, la famosa raccolta differenziata, la scuola, con i bambini che iniziano a fare i pendolari a 3 anni perché le scuole non ci sono, o, quando presenti, sono lontane dalle abitazioni, per la viabilità sarà mai possibile ipotizzare un ampliamento o una pianificazione diversa da quella attuale, spesso chi abita nei pressi della litoranea è prigioniero nella propria abitazione perché la litoranea nei mesi estivi è impraticabile.

Potremmo continuare ma ogni cittadino conosce benissimo tutti i problemi; vogliamo solo dire a tutti alziamo la testa e drizziamo la schiena; non ci stanno facendo favori, la nostra dignità non è in vendita, non possiamo e non vogliamo più credere alle favole, vogliamo degli amministratori capaci, onesti , e con la voglia di fare veramente il bene del paese.

SU LA TESTA ARDEA!!!!!!!!!!!!!

Telefonini di servizio, poltrone e dimissioni


Usi e costumi nel Comune di Ardea durante il periodo di crisi politica

- Sono ormai giorni che gli assessori si sono dimessi, ma attualmente gli unici a riconsegnare i telefonini sono stati gli assessori più contestati: Nicola Petricca Renzo Morini. Gli altri ancora sono in possesso dei cellulari forniti dall’amministrazione, che, certamente non usano, ma che comunque vengono utilizzati per ricevere telefonate. Alcuni di questi addirittura ancora sono presenti nei loro assessorati quasi a voler confermare che il sindaco debba rinnovarli. Petricca e Morini, invece consegnate le dimissioni anche se non contestualmente agli altri colleghi, si sono però recati subito a depositare i telefonini e a portare via gli oggetti personali dalle loro stanze. Certo la crisi è anomala ma… comunque sempre crisi è. Ancora una volta la popolazione sta assistendo ad un attaccamento alla poltrona ed alle attrezzature date in prestito che certo non depongono a favore di una politica che cerca di dare un’immagine positiva. Sempre per parlare di comportamenti c’è da notare come nessuno, dopo aver protocollato le dimissioni, abbia chiamato il sindaco per ringraziarlo per la fiducia accordatali e metterlo a conoscenza di aver presentato le dimissioni come galateo prescrive. Lo avevamo già scritto, gli incarichi di assessore, consigliere e sindaco sono in prestito, come pure i telefonini e le poltrone sulle quale ancora oggi molti vanno a riposare le stanche membra.
Luigi Centore
da ilfaroonline

ANCHE LA DESTRA CONTESTA LE CONDIZIONI IGIENICO SANITARIE DELL'AMBULATORIO DI VIA LEGNANO


Il segretario del movimento de “La destra” di Storace scrive al sindaco di Ardea Carlo Eufemi e al Direttore Generale USLRMH Dr. ALESSANDRO CIPOLLA

Antonio Anastasio, segretario del movimento de la” Destra” di Storace, sez di Ardea, in una lettera aperta scrive: Molte segnalazioni fattomi, evidenzia una realtà’ che non si può mettere in dubbio, infatti vi sono delle circostanze e delle condizioni veramente inefficienti, all’interno dell’Azienda U.L.S.RMH, in particolar modo, presso il poliambulatorio di Ardea, sito presso via Legnano.

Il segretario continua, Le espongo, brevemente, quanto segue premettendoLe che ciò’ che mi accingo a comunicarLe, è solo un riassunto .

Il poliambulatorio in oggetto, non adempie alle funzioni annesse alla propria struttura, infatti all’interno dello stesso, vengono effettuati solo prelievi ematici di base, come glicemia ,azotemia, emoglobina, etc etc.. La causa principale di questo mancato adempimento, si lega ad una carenza di personale infermieristico specializzato e ad una sostanziosa riduzione dello start up assegnato, sottolineando che, il centro prelievi, non può acquistare il materiale necessario per reattivi per lo sviluppo dei prelievi stessi. L’insieme di questi fatti, punisce con eccessiva durezza, la popolazione di Ardea e soprattutto le categorie meno abbienti, i pazienti diversamente abili, gli anziani e le donne in stato di gravidanza, i quali sono costretti a spostarsi presso altre strutture ospedaliere, per usufruire dei servizi che il Vs poliambulatorio non garantisce, e non con poche difficoltà e perdite economiche.

Sottolineo continua Anastasio, che, l'esterno della struttura non dispone delle norme di sicurezza, in quanto, non sono presenti parcheggi per disabili, non vi è una segnaletica stradale adeguata, sia orizzontale che verticale le strisce pedonali sono inesistenti, la mancanza di un agente della polizia municipale in un’ora di punta eviterebbe rischi alla popolazione per il caotico traffico. Anastasio si chiede se le condizioni igienico sanitari all’interno sono come legge prescrive come pure il deposito del cestino per la raccolta dei, RIFIUTI SPECIALI, i quali sono riposti all’interno di un armadietto di plastica, nelle stanze ove i pazienti attendono di essere chiamati. Un unico servizio igienico attrezzato per disabili viene usato per tutti sia uomini che donne. Attrezzature usate come ornamento delle stanze . Sono certo conclude il segretario della destra di Storace, che i due maggiori responsabili della salute pubblica prendano un provvedimento per il bene della cittadinanza


Pm, vicini a verita' su stragi, politica potrebbe non reggere peso


''Siamo a un passo dal far luce su via d'Amelio"

PALERMO - La verità sulla strage di via D'Amelio è vicina. Anzi, è a un passo. A 18 anni dall'assassinio del giudice Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta, i magistrati di Caltanissetta non hanno dubbi. Nonostante i depistaggi, le "amnesie" istituzionali, le false prove e i falsi pentiti, le indagini sono prossime a una svolta. Terribile e clamorosa. "Il fatto - si chiede l'aggiunto Nico Gozzo, ascoltato a lungo, ieri, dalla commissione nazionale Antimafia assieme al procuratore Sergio Lari - è se c'é una politica in grado di raccogliere questa verità". Credono nelle capacità dello Stato, invece, i pm. E in quelle della magistratura, costretta a riscrivere una storia processuale che il suggello della Cassazione aveva reso definitiva. Delle "clamorose sviste investigative", costate undici ergastoli a imputati probabilmente innocenti, è tornato a parlare Lari, che si appresta a inviare alla Procura generale il materiale per chiedere la revisione del processo agli esecutori materiali della strage. Un processo mandato in frantumi dalle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza che ha smontato la vacillante ricostruzione di Vincenzo Scarantino, pentito dalle alterne vicende che, secondo gli inquirenti, potrebbe essere uno dei tasselli del clamoroso depistaggio.

E al capitolo Spatuzza, a cui la speciale commissione del Viminale, il mese scorso, ha negato la concessione del programma di protezione, è molto interessata l'Antimafia che ha chiesto alle procure di Palermo e Caltanissetta tutta la documentazione in loro possesso sul collaboratore di giustizia. Sull'ex boss di Brancaccio, che sta facendo dichiarazioni anche su altri capitolo oscuri della stagione stragista di Cosa nostra, a partire dal fallito attentato dell'Addaura, la commissione Antimafia ha interpellato anche i magistrati di Palermo sentiti, prima dei colleghi nisseni, per oltre sette ore. L'audizione dei magistrati di Caltanissetta è stata secretata. E top secret è anche quello che il procuratore di Palermo Francesco Messineo e gli aggiunti Antonio Ingroia e Ignazio De Francisci hanno raccontato sulla trattativa tra lo Stato e la mafia. Un argomento che attraversa le inchieste palermitane e quelle nissene, se è vero, come sostengono gli inquirenti, che Paolo Borsellino venne eliminato perché aveva scoperto e detto no al patto tra le istituzioni e Cosa nostra. Una tesi che conferma quello che i magistrati ormai ritengono un dato certo: che dietro l'eccidio di via D'Amelio non ci furono solo le cosche. Lo ha ripetuto, ieri, Lari tornando a ribadire le responsabilità dei soggetti istituzionali "infedeli", che hanno tradito. Un argomento a cui ha fatto cenno anche Messineo secondo il quale la "verità sulle stragi passa dagli apparati dello Stato". Anche se il presidente dell'Antimafia, Giuseppe Pisanu, dopo aver ribadito che "non si può riferire alcunché dello svolgimento dei lavori della Commissione in seduta segreta", ha negato "decisamente" il contenuto delle dichiarazioni rilasciate poco prima dai magistrati ai giornalisti. Scenari "terribili" quelli emersi dalle inchieste di Caltanissetta, quanto inquietanti sono quelli che i pm di Palermo hanno dipinto sullo stato di Cosa nostra, indebolita dagli arresti, ma ancora in grado di controllare il territorio attraverso l'imposizione del pizzo, condizionare gli appalti pubblici e disporre di arsenali. Una mafia che ha rinunciato all'attacco diretto allo Stato, perché impegnata soprattutto nel fare affari e reinvestire i capitali.
note di ag.

20 luglio 2010

Il silenzio rende innocenti. Anche di questo chiedo scusa


Oggi è il 19 luglio del 2010: esattamente 18 anni fa stavo conducendo quella azzardata trattativa. Allora mi fu detto che il fine era quello di frenare l’ondata di violenza che, prima con l’uccisione dell’on. Lima e dopo con la strage di Capaci, Cosa Nostra aveva scatenato.

Mi trovavo a Roma. Ero da poco tornato da Palermo ed era stato già fissato un appuntamento tra mio padre e Provenzano per il 23 Luglio. A suggerire l’incontro erano stati proprio Provenzano e il signor Franco. Riina aveva già avanzato le sue contro richieste alla Stato e si era convenuto che, nonostante la follia dei 12 punti contenuti nell’ormai famoso Papello, fosse necessario trovare una mediazione.

Era domenica e la giornata era torrida. In cerca di un po’ di sollievo, ero stato al mare a Fregene con la mia ragazza. Rientrato a casa mio padre mi diede subito la notizia della morte del giudice Borsellino. Ne rimasi schoccato.

Non riuscivo a capire. Mi pareva che non vi fossero ragioni per un massacro come quello. C’era in ballo il possibile accordo con la mafia. Solo poche settimane prima c’era stata la strage di Capaci e davvero non pensavo che loro potessero, a una così breve distanza di tempo, alzare di nuovo il tiro.

Mio padre, comunque, mi aspettava in piedi. Disse che dovevo sbrigarmi perché mi doveva parlare: “Tutto questo è anche colpa nostra…. Io lo avevo detto al colonnello, a Provenzano ed al signor Franco: con quell’animale non si può trattare. Questa volta il pazzo deve avere i cani ben attaccati, per osare tanto”.

“I cani attaccati”: mio padre usò questa frase tipica siciliana come per farmi capire che Riina, visto che aveva fatto una cosa del genere, doveva aver trovato degli interlocutori veramente potenti.

E oggi, nonostante i molti passi avanti fatti nelle indagini, quei cani di cui parlava mio padre non hanno ancora un nome. O meglio lui, mio padre, un’idea precisa di chi potessero essere ce l’aveva. Sapeva chi erano i registi occulti di tanta violenza. Ma lui stesso li temeva. Perché facendo parte di quel gruppo di persone ne conosceva la forza e ne aveva paura. Tanta paura, perché capiva che al momento giusto, anche lui rischiava di essere sacrificato, se ci fossero stati piani più ambiziosi da portare a compimento.

La maggior parte delle persone, quelle che rappresentano la così detta “società civile”, s’interrogano sul perché oggi qualcuno parli. Lo so. Io rappresento un’anomalia. Sono un’anomalia in un contesto sociale dove il silenzio non solo rende innocenti, ma anche paga.

Tutti, o quasi, del resto stanno in rigoroso silenzio. Stanno in quello stato di “oblio omertoso” che ben accompagna la maggior parte di noi siciliani e non solo. Perché in Italia si può essere anche celebrati come eroi, per il proprio silenzio dinnanzi ai magistrati. Un silenzio dato in omaggio ai soliti personaggi che ancora oggi rappresentano parte del potere. Quei soliti potenti che ancora oggi con il loro atteggiamento costituiscono lo zoccolo duro contro la ricerca della verità su quelle stragi. E inutile nasconderlo, la verità per alcuni livelli delle nostre istituzioni e delle nostra politica potrebbe essere anche letale. Potrebbe costituire un de profundis per un sistema che su certe collusioni e connivenze ha di fatto costituito le proprie fondamenta.

Lo so, io non sono certamente né un eroe né il depositario di verità assolute. Sono un semplice dichiarante, oppure un teste privilegiato, o magari un imputato di reato probatoriamente collegato. Non so più quanti termini sono stati usati per descrivere la cosa più normale che ognuno dovrebbe fare: dare il proprio contributo a far luce su quei terribili anni.

Io l’ho fatto. Ho risposto alle domande dei magistrati su fatti e circostanze dove sicuramente anche il mio contributo può aiutare. Eppure oggi rappresento un vero e proprio caso. È in corso un dibattito sulle vere finalità di quella che viene definita la mia pseudo collaborazione. Sono, insomma, un dissidente, in un ben rodato sistema omertoso. Perché non si può certamente credere ad uno che in cambio della sua collaborazione, non ha chiesto niente, anche perché nulla può chiedere, e che anzi rispondendo ha notevolmente peggiorato in modo radicale la propria qualità di vita e della propria famiglia.

Ma non importa. Perché oggi, dopo due anni e mezzo, dopo quasi novanta interrogatori, sento solo il bisogno di chiedere scusa.

Voglio chiedere scusa ai familiari di Borsellino e del giudice Falcone e di tutti gli agenti delle scorte che in quelle stragi hanno lasciato la loro vita. E voglio chiedere scusa anche ai magistrati della Procura di Caltanissetta e di Palermo per quella che loro chiamano la rateizzazione delle mie dichiarazioni. Ma la verità è che anche in questi mesi ho avuto paura.

Perché non sono un eroe e non ho mai pensato di esserlo. Non sono come Impastato che ha trovato il coraggio di combattere il padre da vivo.

I personaggi di cui ho parlato e di cui sto parlando sono ancora in sella.

Viviamo in un sistema in cui l’illegalità paga. In cui si festeggia con cannoli condanne a cinque anni di carcere. In cui ci si ritiene soddisfatti dopo condanne a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Viviamo in un sistema in cui in posti chiave delle nostre istituzioni ci sono personaggi che hanno riportato condanne penali, ma nonostante questo continuano a conservare la fiducia di chi li ha scelti.

Anche per questo io oggi, 19 luglio, chiedo scusa.
Massimo Ciancimino

da il fattoquotidiano

18 luglio 2010

Prescritti o condannati ma sempre riveriti. I tre «senatori italiani»


Sono tre storie parallele, quelle che racconteremo oggi a grandi linee. Tre storie giudiziarie che hanno fatto notizia, scandalo e, sotto un certo profilo, persino epoca. Tre storie mal digerite dal mondo dell’informazione, soprattutto da quella televisiva, ma assolutamente indigeste al mondo della politica, intesa da molti come entità a sé stante rispetto alla società, autoreferenziale e sideralmente lontana. Racconteremo le storie di tre senatori all’italiana.

Tre senatori accomunati da un medesimo destino, dalle medesime vicissitudini giudiziarie, dalla stessa macchia. Con un unico e inquietante filo nero: la mafia e la Sicilia. Perché quelle dei tre senatori all’italiana, sono tre storie, sia detto sin da principio, figlie dello stesso modo criminogeno di intendere la politica. Come riassumerlo? Quel modo, potremmo dire, che consiste nel vendersi l’anima al diavolo pur di ottenerne voti e consenso, clientela e potere. E che per praticare una politica di siffatta lega, la mafia e la Sicilia ( quando diventano, in maniera micidiale, complementari fra loro; non accade di rado) siano l’habitat ideale, è ormai dimostrato sin dai tempi dell’Unità d’Italia.

I tre senatori all’italiana, rispondono ai nomi di Giulio Andreotti, Totò Cuffaro, Marcello Dell’Utri. Non siamo noi, animati da foga giustizialista, ad affastellarli in un unico fascio. Sono loro, con le condotte tenute, a comporre una “specie” parlamentare sui generis: quella dei senatori che, una volta condannati, hanno usato Palazzo Madama come le tartarughe usano la corazza, per nascondervi la testa. Si dice che se un principio viene violato una prima volta, si son già poste le basi perché venga violato all’infinito. Ma non furono in molti, quindici anni fa, a rendersi conto che il paradosso di Giulio Andreotti - sette volte presidente del Consiglio, ministro a ripetizione, fra gli uomini politici italiani più conosciuti e riveriti all’estero - che si ritrovò imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, avrebbe provocato onde concentriche negli anni a venire, una lacerazione permanente, un punto di non facile ritorno.

Andreotti fu accusato di essersi mosso in terra di Sicilia, a fini correntizi ed elettoralistici, in maniera disinvolta, a cavallo di quella zona grigia oltre la quale iniziano i territori del popolo di mafia. Lo accusarono quasi quaranta pentiti. Emersero, con deposizioni e fotografie inequivocabili, i suoi rapporti con i cugini Nino e Ignazio Salvo, originari di Salemi, democristiani, uomini d’onore e a capo di quelle esattorie delle imposte che, in anni lontani, rappresentavano, nell’isola, l’industria di maggior fatturato. Fu accusato d’aver incontrato i capi mafia più in vista alla fine degli anni 70, nel disperato tentativo di mettere una buona parola a favore di Piersanti Mattarella, democristiano e presidente della Regione Siciliana, che conduceva in modo rigoroso la lotta al sistema di potere delle cosche.

E di essersi nuovamente incontrato con loro, sempre in gran segreto, per farsi spiegare come mai, nonostante il suo iniziale interessamento, quelli avessero deciso di assassinare Mattarella come un cane. E altro, molto altro ancora. Non si intende, qui, rifare quei processi. Si tratta solo di ricordare, almeno a grandi linee. In primo grado, Andreotti fu assolto per “insufficienza di prove”, mentre, in appello, il reato, dal 1980 in avanti, venne “prescritto”. Il collegio difensivo del senatore ricorse in Cassazione chiedendo la piena riabilitazione. La Cassazione rigettò l’istanza. Confermò la sentenza di secondo grado e la formula della “prescrizione”, condannando l’imputato Andreotti Giulio al pagamento delle spese processuali. Nel frattempo che il dramma si svolgeva, Alta Politica e gran parte del mondo dei media mettevano sulla graticola la Procura di Palermo, all’epoca dei fatti guidata da Gian Carlo Caselli, per aver osato portare alla sbarra «l’uomo politico che il mondo ci invidia».

Fu un decennio di veleni e bassezze, di capovolgimento dei fatti e randellate mediatiche contro chi osava ribadire che se la legge è uguale per tutti, uguale doveva esserlo anche per Giulio Andreotti. Fatto sta che il verdetto della Cassazione fu letteralmente ignorato da grande stampa e grande tv. La lieta novella, dopo la sentenza di secondo grado, aveva già fatto il giro del mondo: «Andreotti assolto». E non ci fu verso di tarpare le ali alla leggenda.

Poi, fu la volta di Totò Cuffaro, governatore di Sicilia: rapporti con i mafiosi della borgata di Brancaccio; il valzer delle cosiddette “talpe” (poliziotti, carabinieri funzionari pubblici) che riferivano notizie riservate sia a Cuffaro sia a Provenzano; incontri con Michele Aiello, ras della sanità privata in Sicilia, con il quale Cuffaro si incontrava amabilmente per decidere insieme il prezzario delle prestazioni prontamente rimborsate dall’ente pubblico. E i costi della sanità siciliana lievitarono di due tre volte rispetto al resto delle regioni italiane (quando si dice l’utilità delle intercettazioni e la favoletta berlusconiana che tutti gli italiani sono spiati). Come Andreotti, proverbiale per le sue battute, ricercato nelle terrazze e nei salotti romani (e non ci riferiamo ai salotti dell’illuminismo parigino), fatte le debite proporzioni, anche Totò Cuffaro stava simpatico ai più. Lo chiamavano tutti “vasa vasa”, sfoggiava provocatoriamente la “coppola”, offriva cannoli con freschissima ricotta ai giornalisti che ne condividevano la pena.

In primo grado, fu condannato a cinque anni per favoreggiamSono tre storie parallele, quelle che racconteremo oggi a grandi linee. Tre storie giudiziarie che hanno fatto notizia, scandalo e, sotto un certo profilo, persino epoca. Tre storie mal digerite dal mondo dell’informazione, soprattutto da quella televisiva, ma assolutamente indigeste al mondo della politica, intesa da molti come entità a sé stante rispetto alla società, autoreferenziale e sideralmente lontana. Racconteremo le storie di tre senatori all’italiana.

Tre senatori accomunati da un medesimo destino, dalle medesime vicissitudini giudiziarie, dalla stessa macchia. Con un unico e inquietante filo nero: la mafia e la Sicilia. Perché quelle dei tre senatori all’italiana, sono tre storie, sia detto sin da principio, figlie dello stesso modo criminogeno di intendere la politica. Come riassumerlo? Quel modo, potremmo dire, che consiste nel vendersi l’anima al diavolo pur di ottenerne voti e consenso, clientela e potere. E che per praticare una politica di siffatta lega, la mafia e la Sicilia ( quando diventano, in maniera micidiale, complementari fra loro; non accade di rado) siano l’habitat ideale, è ormai dimostrato sin dai tempi dell’Unità d’Italia.

I tre senatori all’italiana, rispondono ai nomi di Giulio Andreotti, Totò Cuffaro, Marcello Dell’Utri. Non siamo noi, animati da foga giustizialista, ad affastellarli in un unico fascio. Sono loro, con le condotte tenute, a comporre una “specie” parlamentare sui generis: quella dei senatori che, una volta condannati, hanno usato Palazzo Madama come le tartarughe usano la corazza, per nascondervi la testa. Si dice che se un principio viene violato una prima volta, si son già poste le basi perché venga violato all’infinito. Ma non furono in molti, quindici anni fa, a rendersi conto che il paradosso di Giulio Andreotti - sette volte presidente del Consiglio, ministro a ripetizione, fra gli uomini politici italiani più conosciuti e riveriti all’estero - che si ritrovò imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, avrebbe provocato onde concentriche negli anni a venire, una lacerazione permanente, un punto di non facile ritorno.

Andreotti fu accusato di essersi mosso in terra di Sicilia, a fini correntizi ed elettoralistici, in maniera disinvolta, a cavallo di quella zona grigia oltre la quale iniziano i territori del popolo di mafia. Lo accusarono quasi quaranta pentiti. Emersero, con deposizioni e fotografie inequivocabili, i suoi rapporti con i cugini Nino e Ignazio Salvo, originari di Salemi, democristiani, uomini d’onore e a capo di quelle esattorie delle imposte che, in anni lontani, rappresentavano, nell’isola, l’industria di maggior fatturato. Fu accusato d’aver incontrato i capi mafia più in vista alla fine degli anni 70, nel disperato tentativo di mettere una buona parola a favore di Piersanti Mattarella, democristiano e presidente della Regione Siciliana, che conduceva in modo rigoroso la lotta al sistema di potere delle cosche.

E di essersi nuovamente incontrato con loro, sempre in gran segreto, per farsi spiegare come mai, nonostante il suo iniziale interessamento, quelli avessero deciso di assassinare Mattarella come un cane. E altro, molto altro ancora. Non si intende, qui, rifare quei processi. Si tratta solo di ricordare, almeno a grandi linee. In primo grado, Andreotti fu assolto per “insufficienza di prove”, mentre, in appello, il reato, dal 1980 in avanti, venne “prescritto”. Il collegio difensivo del senatore ricorse in Cassazione chiedendo la piena riabilitazione. La Cassazione rigettò l’istanza. Confermò la sentenza di secondo grado e la formula della “prescrizione”, condannando l’imputato Andreotti Giulio al pagamento delle spese processuali. Nel frattempo che il dramma si svolgeva, Alta Politica e gran parte del mondo dei media mettevano sulla graticola la Procura di Palermo, all’epoca dei fatti guidata da Gian Carlo Caselli, per aver osato portare alla sbarra «l’uomo politico che il mondo ci invidia».

Fu un decennio di veleni e bassezze, di capovolgimento dei fatti e randellate mediatiche contro chi osava ribadire che se la legge è uguale per tutti, uguale doveva esserlo anche per Giulio Andreotti. Fatto sta che il verdetto della Cassazione fu letteralmente ignorato da grande stampa e grande tv. La lieta novella, dopo la sentenza di secondo grado, aveva già fatto il giro del mondo: «Andreotti assolto». E non ci fu verso di tarpare le ali alla leggenda.

Poi, fu la volta di Totò Cuffaro, governatore di Sicilia: rapporti con i mafiosi della borgata di Brancaccio; il valzer delle cosiddette “talpe” (poliziotti, carabinieri funzionari pubblici) che riferivano notizie riservate sia a Cuffaro sia a Provenzano; incontri con Michele Aiello, ras della sanità privata in Sicilia, con il quale Cuffaro si incontrava amabilmente per decidere insieme il prezzario delle prestazioni prontamente rimborsate dall’ente pubblico. E i costi della sanità siciliana lievitarono di due tre volte rispetto al resto delle regioni italiane (quando si dice l’utilità delle intercettazioni e la favoletta berlusconiana che tutti gli italiani sono spiati). Come Andreotti, proverbiale per le sue battute, ricercato nelle terrazze e nei salotti romani (e non ci riferiamo ai salotti dell’illuminismo parigino), fatte le debite proporzioni, anche Totò Cuffaro stava simpatico ai più. Lo chiamavano tutti “vasa vasa”, sfoggiava provocatoriamente la “coppola”, offriva cannoli con freschissima ricotta ai giornalisti che ne condividevano la pena.

In primo grado, fu condannato a cinque anni per favoreggiamento semplice, e in appello a sette, ma questa volta per aver favorito Cosa Nostra. Anche per lui, a palazzo Madama, tanta comprensione, tanta solidarietà, tante affettuose pacche sulle spalle. Con i big del suo partito che lo definirono: «Un perseguitato politico». Ultimo, in ordine di tempo, nella lista dei tre senatori all’italiana, Marcello Dell’Utri, cofondatore di Forza Italia, oggi Pdl. È storia di questi giorni. Condannato per concorso esterno alla mafia, a nove e sette anni di reclusione. Per carità di Dio: lo sappiamo benissimo che su Cuffaro e Dell’Utri la Cassazione deve ancora dire la sua. Ma, nell’immediato, il catalogo è quello che vi abbiamo appena descritto. I tre sono seduti su poltroncine di velluto rosso. E se ne stanno sereni al loro posto. Tirano le fila di quel che resta delle loro correnti. In grande o in piccolo, fanno politica. Il terzetto è ben distribuito fra commissioni senatoriali dai nomi altisonanti. A modo loro, dirigono il Paese. Se necessario, vanno in televisione, fanno dichiarazioni alla stampa. Adoperano le auto blu. In Italia, un’opportunità non si nega a nessuno. O, per dirla con un adagio che si perde nella notte dei tempi: «Cane non mangia cane».ento semplice, e in appello a sette, ma questa volta per aver favorito Cosa Nostra. Anche per lui, a palazzo Madama, tanta comprensione, tanta solidarietà, tante affettuose pacche sulle spalle. Con i big del suo partito che lo definirono: «Un perseguitato politico». Ultimo, in ordine di tempo, nella lista dei tre senatori all’italiana, Marcello Dell’Utri, cofondatore di Forza Italia, oggi Pdl. È storia di questi giorni. Condannato per concorso esterno alla mafia, a nove e sette anni di reclusione. Per carità di Dio: lo sappiamo benissimo che su Cuffaro e Dell’Utri la Cassazione deve ancora dire la sua. Ma, nell’immediato, il catalogo è quello che vi abbiamo appena descritto. I tre sono seduti su poltroncine di velluto rosso. E se ne stanno sereni al loro posto. Tirano le fila di quel che resta delle loro correnti. In grande o in piccolo, fanno politica. Il terzetto è ben distribuito fra commissioni senatoriali dai nomi altisonanti. A modo loro, dirigono il Paese. Se necessario, vanno in televisione, fanno dichiarazioni alla stampa. Adoperano le auto blu. In Italia, un’opportunità non si nega a nessuno. O, per dirla con un adagio che si perde nella notte dei tempi: «Cane non mangia cane».
da controlacrisi.org