11 gennaio 2010

CERCASI LULA

E'  IL PRESIDENTE LULA L'UOMO DELL'ANNO
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Mentre si avvia all’ultimo anno della propria presidenza in Brasile piovono i riconoscimenti locali e mondiali sul presidente operaio (per davvero) Luiz Inácio da Silva detto Lula. Il quotidiano francese Le Monde lo ha proclamato “uomo dell’anno” e, nonostante alcune mancanze come aver lasciato irrisolta la questione del latifondo, la sua era passerà alla storia davvero come una rivoluzione: quella dell’inclusione sociale. Il primo gennaio 2010 il salario minimo in Brasile aumenterà nuovamente del 10%, il 5.5% in termini reali. Da quando Lula è presidente , ovvero dal 2003, i salari si sono rivalutati in termini reali del 53.5%. Ovvero un lavoratore che prima guadagnava 200 Euro e con l’inflazione pienamente sotto controllo e scontata nei nostri conti, oggi ne guadagna, sempre in termini reali, 307; e scusate se è poco.
La redistribuzione marcata è stata la cifra della presidenza Lula. Una redistribuzione che, alimentando continuamente la crescita del mercato interno, o meglio inserendo per la prima volta all’interno di questo milioni di brasiliani che prima non consumavano affatto, ha tenuto il Brasile fuori dalla grande crisi mondiale.  Anche il 2009 si è chiuso con la crescita del PIL del 2% ma soprattutto sono stati creati altri 700.000 posti di lavoro. Nella classe media (con salari dai 400 ai 2000 Euro al mese) è oramai la metà della popolazione brasiliana (47%) con un’aspettativa di consumi tale che nel decennio che comincia saranno necessari almeno 27 milioni di nuove case. Ciò sta instaurando un circuito virtuoso tra le necessità di chi in un processo di ascensione sociale vuole una nuova casa e la crescita del settore edilizio in un paese enorme e tutt’ora sottopopolato. Si passerà infatti da un fabbisogno di 1.5 milioni di abitazioni l’anno pre-Lula ad uno di 3.5 milioni di appartamenti l’anno nell’epoca post-Lula. Tutto ciò dimostra quanto folle fosse pensare che la diseguaglianza, lo sfruttamento, l’ingiustizia sociale fossero un vantaggio anche per le classi dirigenti tradizionali che, nonostante paventassero sfaceli  anche con il Partito dei Lavoratori al governo hanno continuato tranquillamente ad arricchirsi. La povertà, che nella notte neoliberale aveva continuato a crescere dalla fine della dittatura in avanti, nell’epoca di Lula è continuamente discesa passando dal 42 al 31% della popolazione mentre l’indigenza è scesa  al 18% della popolazione stessa. Molto resta da fare ma il Brasile è oggi la testimonianza vivente che castigare i salari per salvaguardare le grandi ricchezze, quello che succede in paesi ancorati al sistema neoliberale come il Messico, la Colombia, il Perù o l’Italia, non è solo ingiusto e criminale ma anche controproducente e sciocco. Si parte da qui per capire perché la stragrande maggioranza dei brasiliani applaude oggi al suo presidente operaio! Fonte :"Giornalismo Partecipativo"

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