20 gennaio 2010

CONGO, VIOLENZE, ARMA DI GUERRA


                                                                                         
Artigiana della pace
L’impegno e il coraggio di Justine Masika Bihamba, premio per la pace Pax Christi International 2009
di Tiaziana Bartolini

È stato Laurent Monsengwo, co-presidente di Pax Christi International - il movimento cattolico pacifista internazionale fondato nel 1946 e diffuso in più di 50 Paesi nei cinque continenti - a consegnare il premio a Justine Masika Bihamba a Roma lo scorso mese di ottobre definendola ‘artigiana contemporanea della pace’. Il riconoscimento è assegnato ogni anno a chi, persona singola o gruppo, operi per la costruzione di un mondo più pacifico e per la difesa dei diritti e della dignità delle persone. Il premio per il 2009 è andato a Justine Masika Bihamba della provincia di Kivu nella Repubblica Democratica del Congo. Le violenze inflitte alla popolazione civile e in particolare le violenze sessuali perpetrate contro le donne in quella regione sono state condannate dalla comunità internazionale. “Di migliaia e migliaia di abusi si ha notizia, ma molte terribili violenze non sono neppure denunciate - ha sottolineato Laurent Monsengwo -. Queste violenze sono commesse da uomini armati e sono diventate un fatto normale nell’est del Congo. Il movimento mondiale di Pax Christi deplora questa situazione tragica e chiede un’azione più incisiva per porvi fine. Justine Masika Bihamba è tra coloro che, anche mettendo a rischio la propria incolumità, si muovono in questa direzione contribuendo così a costruire una pace giusta. La loro determinazione e l’impegno nel combattere le violenza come arma di guerra sono strumenti necessari per fronteggiare tante drammatiche ingiustizie”. Justine Masika Bihamba nel ricevere il premio ha colto l’occasione per spiegare la situazione nel suo Paese e le ragioni della crisi politica, militare e umanitaria che continua ad attraversarlo soprattutto nel versante est. “Le elezioni del 2006, organizzate con l’appoggio della comunità internazionale, dovevano coronare un processo di pace iniziato nel 2001. Purtroppo, mentre il resto del territorio della Repubblica Democratica del Congo cerca di soddisfare i bisogni più elementari come l’accesso all’acqua potabile e alla salute, nelle province del Nord-Kivu e del Sud-Kivu e in gran parte della provincia orientale si sotterrano ancora i morti, le donne e le giovani sono violentate e le case sono incendiate da gruppi armati sia congolesi che stranieri. Anche le forze armate regolari si rendono colpevoli degli stessi atti violenti”. Accanto alla denuncia, Justine Masika Bihamba ha colto l’occasione romana per sollecitare l’attenzione della comunità internazionale su quell’area. “Dal nostro punto di vista le vere ragioni della guerra sono gli interessi geostrategici e finanziari dei paesi confinanti, le pressioni di alcune multinazionali che per accedere alle risorse minerarie del Kivu non esitano ad avere rapporti con i gruppi armati. In questo modo le risorse naturali diventano un veicolo di morte invece di essere una ricchezza da mettere in gioco per contribuire alla pace e al soddisfacimento dei bisogni sociali di base. Anche l’impunità generalizzata contribuisce a minare la pace e la sicurezza. Dal 1990 ad oggi una successione di massacri, violenze e la requisizione di beni pubblici sono rimasti impuniti”. Justine Masika Bihamba coordina la ‘Synergie des Femmes pour les Victimes des Violences Sexuelle (SFVS)’ organizzazione che opera dal 2003 contro le violenze sessuali sia attraverso la mediazione dei conflitti sia con l’educazione ai diritti. In particolare si prende cura delle vittime di violenza per restituire loro la fiducia di vivere. “Abbiamo concentrato le nostre energie nella formazione del personale di accoglienza e dei medici per garantire adeguata assistenza alle vittime sul piano medico, psicologico e giuridico. Cerchiamo inoltre di sensibilizzare la comunità. Grazie al nostro lavoro sinora 9.514 donne e giovani hanno ricevuto sostegno medico, 384 casi sono stati portati davanti alla giustizia e abbiamo ottenuto 78 condanne. Sono risultati importanti perchè danno speranza alle vittime e contribuiscono a ripristinare l’idea di giustizia. Alla comunità internazionale chiediamo di riconoscere le sofferenze delle popolazioni civili e di consolidare l’appoggio alla formazione di una polizia nazionale nella Repubblica Democratica del Congo. Chiediamo inoltre di perseguitare le compagnie commerciali implicate nel traffico dei minerali in connessione con i gruppi armati e di appoggiare l’istituzione di camere penali miste”.
da http://www.noidonne.org/
(18 gennaio 2010)

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