04 gennaio 2010

SUD PONTINO LA MAFIE DILAGANO

Latina, il laboratorio della Quinta mafia

Nel sud Pontino pax tra cosche e legami con i professionisti locali. Edilizia e appalti i grandi affari


C’è mafia a Latina? Provate a chiedere. La risposta più comune è un’alzata di spalle. Chissà, ma no, forse, non importa. Il primo dato è questo: se c’è si confonde con grande abilità. Eppure di affari in terra pontina ne fa tanti. Sistemata com’è in mezzo alle grandi piazze di Roma e Napoli, Latina non sfugge al suo destino di fruttuoso crocevia di illegalità e anzi vanta un curriculum di tutto rispetto. Estorsioni, voto di scambio, riciclaggio, abusivismo edilizio, appalti truccati, discariche illegali, traffico di stupefacenti, solo per fare un parziale e approssimativo elenco.
Una sintesi della situazione recente si trova nella interrogazione presentata il 16 novembre 2007 alla Camera dai deputati Mascia e Smeriglio al ministro dell’Interno. Nell’interrogazione si ricordano gli arresti a Minturno, gli episodi di estorsione a Formia, i sequestri a Scauri, le lottizzazioni selvagge, e si chiede se non sia il caso di verificare se il comune di Minturno sia soggetto a infiltrazioni mafiose. Questo mentre una commissione di accesso sta accertando la stessa cosa a Fondi.
Prima ancora, nel settembre 2006, i deputati Leoni e Amici, ricordando il fenomeno delle estorsioni presso il mercato ortofrutticolo di Fondi (il secondo in Italia) ad opera del clan calabrese dei Tripodo, l’usura e il racket della famiglia di nomadi Ciarelli, l’omicidio nel 2003 del pregiudicato Di Silvio e altre amenità accadute a Latina e provincia, chiedevano se non fosse il caso di rafforzare il locale apparato di forze dell’ordine e di istituire a Latina una sezione della Direzione investigativa antimafia. La risposta del ministro riconobbe quanto esposto dai deputati, aggiungendo perfino altri inquietanti episodi all’elenco, tuttavia stimò adeguato l’apparato presente e non necessaria una Dia.

A giudicare dalla percezione dei latinensi, nell’agro pontino le mafie ci sono ma non si vedono. Latina è terra di immigrazione e di integrazione e da questo punto di vista la criminalità non è stata da meno. ‘Ndrangheta (clan Alvaro, Galati, Ienco, Tassone) e camorra (Casalesi soprattutto: Mendico, Moccia, Di Maio), presenti in cellule federate sparse sul territorio, si sono combinate tra loro, si sono combinate con le nuove mafie etniche - dell’est Europa soprattutto - si sono combinate con il ceto politico e imprenditoriale locale. Una struttura leggera e flessibile, pronta ad articolarsi secondo le convenienze del momento, a fare affari con tutti e a servirsi soprattutto di questi per controllare il territorio.
Sembra infatti che qui le mafie, libere da certi retaggi storici e giunte ormai evolute come veri e propri sistemi di imprese, abbiano preferito agli strumenti di oppressione tradizionali una politica all’insegna della colonizzazione monetaria che si innesta e specula su un’economia morente: sfruttando il nome e il potere di notabili locali e il consenso delle relative clientele, si sono inserite così nel settore agroalimentare (specie nel sud della provincia), industriale (più a nord, Aprilia e Pomezia soprattutto), edile e commerciale, acquisendo a ritmi incalzanti fabbricati e terreni. Un’impollinazione che ha sparso in loco i suoi frutti malati e che per questo si è resa invisibile, pur generando mostri a 10 piani. Minimizzare la presenza delle mafie – come fanno molti cittadini compresi taluni giornalisti, amministratori, tutori dell’ordine - è facile e ovvio quando queste hanno già volti familiari, fanno già parte del panorama. Le mafie a Latina ci stanno addosso, ci stanno dentro.
Latina è una provincia prima nelle classifiche nazionali quanto a disponibilità di terreni edificabili e richiesta di prestiti a usura, entrambe conseguenze di un’economia depressa. Perchè allora in giro è tutto un fiorire di banche e palazzine? Perchè a Latina abbiamo una densità di centri commerciali come nemmeno nelle più floride capitali nordeuropee? Basta camminare e iniziare a vedere anziché solo guardare. Vedere a che velocità cambiano le insegne dei negozi o come sono vuote certe boutique su Corso della Repubblica e certe palazzine alla Q5 e chiedersi da dove vengono i soldi. Vedere le statistiche che segnalano la città tra i primi posti in Italia per consumo di stupefacenti e chiedersi da dove vengono gli stupefacenti. Vedere i rumeni che vivono a Sezze e chiedersi chi è che la mattina li carica sul pulmino per portarli nei cantieri abusivi o chi sta dietro agli indiani che faticano nelle campagne.
Chiedetelo a un latinense. Un’alzata di spalle e tutti i punti interrogativi cadranno. A terra, dove già giace la città. 

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